La Lega e i frutti di Dc e Pci
10 febbraio 2011 - Mario Sella
La Lega ha raccolto e sta raccogliendo tutti i frutti che i due grandi partiti tradizionali, Democrazia Cristiana e Partito Comunista, cresciuti dopo il ventennio fascista hanno lasciato cadere con l’evaporazione delle ragioni della loro esistenza. Due sono le cose che contribuiscono a fare grande un partito: la prima è l’indicazione di un traguardo condiviso; la seconda, l’individuazione di un “nemico” cui attribuire tutte le colpe possibili ed immaginabili. La Dc, si proponeva di costruire e salvaguardare la democrazia, contro il Pci che la insidiava. Il Pci, si proponeva di edificare il socialismo, contro il capitalismo che lo ostacolava. Questa non è una semplificazione estrema, sono i due pilastri sopra i quali si è costruito di tutto e di più, fino al crollo finale. La Lega, proprio quando i pilastri dei due grandi partiti nazionali cedevano sotto il crollo del muro di Berlino e di Tangentopoli, si apprestava a posare i due suoi pilastri: Federalismo contro Centralismo, Padania contro il resto del mondo. Fa un po’ sorridere il libro dei sogni che una sinistra progressista ha scritto in passato con la “fabbrica del programma”, senza preoccuparsi di posare le sue pietre miliari, alle quali ancorare la zattera che aveva varato. Un mare tempestoso ha subito travolto il castello di buoni proponimenti che non aveva solide fondamenta. Ancora il Pd non sembra avere appreso la lezione, mentre si appresta a quella che crede la resa dei conti contro Berlusconi, unico pilastro al quale ha cercato di ancorarsi, ma che svanirà senza lasciare nessun riferimento. Il confronto vero che si è aperto, vede la Lega posizionata saldamente su due pilastri molto condivisi: il Federalismo, ormai ritenuto indispensabile da tutte le Regioni del nord, per non affondare con il resto del paese; lo straniero (inteso come cosa diversa da se), cui attribuire tutte le colpe, comprese quelle delle proprie inadeguatezze. Ma ciò che crea la differenza più rimarchevole, tra la Lega e tutti gli altri partiti, nessuno escluso, è la differenza di linguaggio che vede, questo movimento, esprimersi sempre in modo collettivo, mentre “gli altri” sembrano parlare ognuno per conto proprio. Non c’è mai la sensazione che un leghista parli per se, per promuovere la propria immagine, ma sempre per il bene della Lega, della sua gente e del raggiungimento dell’obiettivo finale.