LA PIGRIZIA MENTALE DELL’UOMO
di Mario Sella
Parlare dei “massimi sistemi” è sempre molto rischioso perché si viene scambiati, quasi sempre, per dei visionari, quando il giudizio è benevolo, ma spesso per matti. E’ molto meglio affrontare problemi contingenti che affrontare alla radice “la causa di tutti i mali” che affliggono l’umanità. La domanda è sempre la stessa, da quando una scintilla di intelligenza è scoccata nella mente dell’uomo: “chi sono e dove sto andando?”Le religioni monoteiste hanno dato la loro “Verità”: L’uomo è stato creato per amare e servire Dio sulla terra per poi goderlo in paradiso, salvo che non si comporti troppo male, nel qual caso, finirà all’inferno.
Ma è una risposta che ha soddisfatto una parte minoritaria degli uomini, visto che da sempre si sono fatti la guerra per impadronirsi dei territori e delle riserve migliori, scacciando ed uccidendo i più deboli.
Nessuno ha ancora dato una risposta universalmente accettata, questo è quanto possiamo constatare fino a questo momento. Non parliamo, quindi, di “Verità”, sempre “relativa”, ma di conoscenza attuale dello stato delle cose.
Stante la natura dell’uomo che lo spinge a crescere e moltiplicarsi, avendo come suo principale obbiettivo quello di “tramandare i suoi geni”, e non quello di “salvaguardare la sopravvivenza della specie”, possiamo immediatamente rilevare (non serve una mente matematica) che, in uno spazio finito come è la terra che ci vede ospiti, con delle risorse finite, una crescita “infinita”, non è possibile, visto il principio fisico della impenetrabilità dei corpi.
C’è qualche cosa che non quadra in questa natura e, siccome siamo usciti dallo stato di non coscienza, vogliamo iniziare a domandarci se, a sopravvivere deve essere il più forte o il numero più alto possibile di diversificazione genetica, in attesa di trovare un mezzo di trasporto che ci permetta di colonizzare altri mondi?
Se dovesse prevalere il principio naturale della sopravvivenza del più forte che, per l’uomo, significa il più intelligente (intelligente nella ricerca dei mezzi per la sopravvivenza), non ci sono altri problemi da porci: aspettiamo il prossimo “Hitler” e, questa volta, sono sicuro che non fallirà, vista la disponibilità di mezzi di distruzione di massa che l’uomo è riuscito a costruirsi.
Questo principio è accettato più di quanto si possa immaginare, perché non costringe il cervello a ragionare, distraendolo dal suo stato preferito che è quello di un ozio infinito.
Intendiamoci bene: il cervello dell’uomo è fin troppo impegnato nella ricerca di beni che soddisfino la sua sete infinita di appagamento dei piaceri corporali, ma, questo, è nulla se pensiamo allo sforzo necessario a rispondere alla domanda iniziale “chi sono e dove sto andando?”.
A questa domanda, fino ad un tempo relativamente recente, quando l’uomo non aveva ancora scoperto la medicina e la chirurgia moderna, poteva bastare la risposta data dalle religioni, tutte, tanto, l’incidenza della specie umana (l’impronta, come si usa dire ora) sulla terra, era molto inferiore a uno. La terra era sufficiente a contenere ed alimentare gli uomini che sopravvivevano alle pestilenze, carestie, guerre e catastrofi naturali. Le generazioni si susseguivano con un andamento, graficamente, ondulatorio, con alti e bassi dovuti alla maggiore o minore aggressività dei popoli. I popoli affamati, quelli che nulla avevano da perdere nella vita, sono sempre riusciti a vincere i popoli appagati nel benessere, nell’opulenza, nella presunta sicurezza raggiunta.
Gli imperi più grandi, apparentemente invincibili, sono durati anche a lungo, ma alla fine sono caduti sotto l’invasione di orde barbariche armate, soprattutto, dello spirito di sopravvivenza.
Tutto questo è durato fino ad una data che possiamo identificare con relativa sicurezza: 1850.
E’ l’anno che, con la perforazione del primo pozzo petrolifero, da l’avvio alla seconda rivoluzione industriale. Non vi è mai stato, nella plurimillenaria storia dell’uomo, un periodo che abbia segnato un simile “cataclisma”, neppure lontanamente paragonabile all’evento che segnò la scomparsa dei dinosauri dalla terra. L’uomo l’ha chiamato e lo chiama “progresso”. Per Gea, la nostra amata terra, è una aggressione infinita, ma quello che è più grave, insanabile. La terra e ciò che la anima, è in grado di risanare quasi tutto, tutto quello che è, appunto, naturale. Ma l’uomo, con la sua straordinaria intelligenza creativa si è spinto oltre la natura, pensando di farsi simile a Dio e, inventando cose che la natura non riconosce, la sta lentamente uccidendo.
Solo ora, per la prima volta nella storia dell’umanità, ci troviamo ad affrontare un problema mai posto in precedenza: come fare sopravvivere la terra “nonostante” la presenza dell’uomo.
Come il Capitano di una grande nave che abbia subito uno squarcio nella carena imbarcando acqua, deve preoccuparsi prima di tutto di turare la falla per impedirne l’affondamento, e solo successivamente fare l’inventario dei feriti e dei morti, così l’uomo, dopo solo 160 anni della nuova era, deve correre ai ripari per impedire che il ramo, sul quale siamo tutti seduti, venga completamente segato.
Per fare questo, non possiamo attingere alla conoscenza dei “grandi saggi” che ci hanno preceduto e che hanno scavato nella mente e nell’animo umano fino a mettere a nudo quasi tutte le sfaccettature di un prisma che sembra infinito, ma dobbiamo ripulire, noi, ora, le facce del prisma che ancora ci sono sconosciute e tentare di dare una risposta alla domanda iniziale.