IL LABIRINTO
9 agosto 2011 - Mario Sella
L’immagine del labirinto rappresenta quanto di meglio si possa avere per descrivere quello che sta avvenendo su questo piccolo pianeta.
Quello che possiamo vedere è un intrico di lunghi corridoi e di cunicoli ciechi dentro i quali, le nazioni e i popoli cresciuti ormai oltre ogni sopportabilità, si stanno muovendo in modo caotico nella disperata ricerca di un’uscita che, però, non esiste, perché non è mai esistita.
Per migliaia d’anni l’uomo è vissuto su questo piccolo pianeta senza sapere esattamente dove si trovasse e inventandosi immagini di se e del suo ambiente che sono straordinarie ed affascinanti.
Ma, dalla violazione delle “colonne d’Ercole” ad opera di un nostro connazionale, Cristoforo Colombo, avrebbe dovuto capire che, da qualunque parte egli si muovesse, alla fine, il suo approdo sarebbe stato, sempre, il punto di partenza.
Ci troviamo a vivere nel più straordinario e meraviglioso labirinto che la natura avesse mai potuto costruire, ma, sembra che, non vogliamo rendercene conto. Un goffo tentativo di trovare una via d’uscita l’uomo l’ha fatto anche verso l’alto, ed ha subito capito che da quella parte esiste un’uscita senza ritorno, verso un ignoto che, forse, rappresenta le nuove “colonne d’Ercole”, ma senza più nessun collegamento con il labirinto nel quale si trova a vivere.
Credo che abbiamo bisogno, tutti, di un bagno d’umiltà, di deporre a terra la nostra “superbia” e di cercare di comprendere, finalmente, dove ci troviamo. Perché non l’abbiamo capito. Il fatto che continuiamo a farci delle guerre (guerre economiche e guerre guerreggiate), nella assurda idea che a sbarrarci la strada verso l’uscita sia quel nemico immaginario, quel popolo nuovo incontrato, è la dimostrazione che ci rifiutiamo di capire. Qualcuno vorrebbe per se soltanto, tutto il labirinto, ed anche questo è impossibile, perché i cunicoli ciechi sono troppi e impossibili da esplorare e controllare tutti. Lo possiamo vedere osservando anche soltanto una piccola parte del labirinto: l’Afghanistan. Il più potente esercito del mondo, sostenuto dai suoi più forti alleati, non riesce a trovare “il bandolo della matassa” dopo dieci anni d’occupazione e migliaia di morti. Si è deciso, finalmente, di ritirarsi e lasciare a quel popolo la possibilità di decidere per se.
Le vicende economiche che stanno travolgendo tutto il mondo “civilizzato e industrializzato” ci danno ancora una dimostrazione della nostra totale incomprensione della situazione. Sembrerebbe assurdo, ma chi risente di meno di tutte queste vicende, sono quei popoli rimasti isolati nei loro cunicoli e legati a un’economia elementare ed essenziale per la sopravvivenza. I nostri lunghi corridoi, nei quali ci siamo ingegnati a inventare le più straordinarie macchine per correre e affrettarci all’uscita, si stanno dimostrando invece delle trappole mortali. Mortali perché si sono trasformati in ambienti insopportabili per la sopravvivenza e perché, alla fine, ci oppongono l’inevitabile ostacolo a proseguire. Che cosa fare per evitare di sfracellarsi contro l’ostacolo che è sempre più vicino è “cosa ovvia”: Rallentare! Dobbiamo frenare, anche se, inebriati dalla velocità che ci affascina tutti, ci sembra assurdo, ma a questa velocità non esiste barriera protettiva, pallone gonfiabile che possa salvarci. Lo dicono anche le informazioni di sicurezza sui libretti delle nostre automobili: Oltre una certa velocità, la morte è sicura. Vediamo di scegliere la vita.
Mario Sella V. Carso 2 Mantova T. 3334286408 - 09.08.2011