SECESSIONE.

            Secessione, non è più una parola da esorcizzare semplicemente, ma è un argomento da affrontare con la massima attenzione perché, la crisi e la caduta del sentimento di appartenenza, hanno reso quanto mai impellente in quella parte del territorio nazionale che sente sempre più gravoso il legame con il resto dell’Italia. La popolarità di questa parola non si ferma all’interno del movimento della Lega, ma sfiora molti altri partiti nella parte di simpatizzanti che risente maggiormente della crisi.

Noi lombardi o veneti o piemontesi, che abitiamo una delle Regioni più ricche d’Europa, che contribuiamo con la maggior parte delle imposte versate al mantenimento dello Stato nazionale, perché non dovremmo pensare di fare da soli abbandonando al loro destino quella parte del territorio nazionale che sembra non volere emanciparsi dalla criminalità organizzata, prima di tutto, e da un’arretratezza economica che sembra conflittuale con il più elementare buon senso. La parte dello stivale che è immersa nel Mediterraneo, possiede ricchezze paesaggistiche e climatiche da farne una delle più belle regioni della terra, eppure non riesce ad attirare turisti da tutto il mondo come avrebbe diritto. C’è dunque una “deficienza” di fondo che difficilmente può essere superata.

Potrei continuare elencando numerose altre ragioni che porterebbero “forza” alla secessione, ma non potrei mai finire l’elenco perché, chi è favorevole alla divisione della nazione, troverebbe sempre qualche altro motivo per rafforzare la sua convinzione.

No, non dobbiamo guardare quali sono le “ragioni” che hanno spinto un movimento come la Lega ad abbracciare fin dalla sua nascita un imperativo come questo: dobbiamo guardare piuttosto a quello che manca nella personalità e nella formazione dei loro ideatori e seguaci per comprendere come si possa aspirare di seguire un percorso a ritroso nella storia e nel tempo.

Il sentimento della “solidarietà” non manca in chi si proclama “Padano”, ma è un sentimento monco, perché si rivolge esclusivamente a una parte della società trascurando “il resto del mondo”.

L’immagine della Svizzera, che accarezza le valli dove è nato il movimento della Lega, è molto suggestiva, ma non è ripetibile come vorrebbero i “sognatori” della Padania.

Da quando gli stati nazionali sono nati, è passato, non “un tempo”, ma “un’Era storica” e la globalizzazione ha reso quanto mai palese la trasformazione. Chi si è fermato alle barriere nazionali o, peggio, regionali è semplicemente tagliato fuori dal tempo e dalla storia e non ha nessuna possibilità di salire sul convoglio dei popoli lanciati alla conquista del mondo.

Se questi aspiranti secessionisti chiedessero agli industriali cosa ne pensano di ulteriori barriere alzate all’interno dell’Unione, si sentirebbero rispondere che la loro massima aspirazione è l’abbattimento di tutte le barriere, comprese quelle dell’Unione Europea. Lo spirito della globalizzazione non permette di coltivare riserve di nessun tipo e la sfida, il confronto, non può che essere globale. Spiace vedere che una parte consistente di nostri concittadini è rimasta ferma in un’Era ormai estinta come dinosauri. Ma sono nostri concittadini e non possiamo abbandonarli al loro destino. Dobbiamo prenderli per mano e trascinarli sul convoglio prima che si allontani troppo.

Mario Sella V. Carso 2 Mantova T. 3334286408