1996 – 2004: i nove anni governati da Burchiellaro
Nel momento in cui il secondo e ultimo mandato della amministrazione Burchiellaro sta volgendo al termine, riteniamo utile ed opportuno procedere ad un bilancio di questa esperienza avviata nel 96, sotto il profilo dei metodi di governo della città e sul piano delle scelte programmatiche e delle realizzazioni.
In riferimento al metodo ci appare assai poco convincente e del tutto discutibile il frequente richiamarsi da parte del Sindaco alla cosiddetta democrazia di mandato cui conformerebbe la sua azione di governo della città. Una teoria per la quale la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica ed il loro giudizio verrebbero di fatto confinati al solo momento elettorale. Si tratta di una concezione sostanzialmente estranea alla tradizione democratica del nostro paese, (tanto più alla cultura politica della sinistra), e maldestramente mutuata dal sistema americano. Essa comunque è servita con una qualche strumentalità a giustificare la pratica di in un malinteso e conclamato decisionismo, in nome del quale Sindaco e coalizione hanno deliberatamente escluso su scelte importanti o addirittura decisive per il futuro della città il coinvolgimento dei cittadini. Si tratta di decisioni che in taluni casi, come per le centrali a turbogas, non erano neppure contemplate dai programmi elettorali! Ai Mantovani, a differenza di altre amministrazioni assai più sensibili e rispettose della democrazia, su partite tanto rilevanti è stato addirittura impedito di pronunciarsi, così da trasformare alcune scelte amministrative in vere e proprie imposizioni sopra la testa della gente. Ciò appare ancora più grave per una Amministrazione che in teoria dovrebbe ispirarsi ai valori della sinistra.
CONSIGLIO COMUNALE
Lo stesso Consiglio comunale è stato svuotato di effettivi poteri di indirizzo e di controllo ben al di là di quanto previsto da leggi pur discutibili, ed il ruolo dei consiglieri sovente mortificato frapponendo ostacoli, contro ogni dovere di trasparenza, perfino alla acquisizione di atti e documenti amministrativi.
COMUNE-HOLDING
Al pesante indebolimento del ruolo del Consiglio comunale ha contribuito in modo significativo la creazione del cosiddetto Comune-holding, cioè la istituzione di società ed aziende pubbliche, delegate a molteplici ed importanti attività e servizi di pubblica utilità, che sono state di fatto sottratte ad ogni controllo da parte dell’organo consiliare.
MEZZI DI COMUNICAZIONE
Di converso si è assistito ad un uso massiccio e spregiudicato dei mezzi di comunicazione, non solo locali, a fini di consenso e per propagandare le “imprese” della Giunta e soprattutto del Sindaco, impegnato quasi ossessivamente a promuovere la propria immagine pubblica.
OLIGARCHIA DEL POTERE
A tutto questo fa riscontro negativo una pratica personalistica ed oligarchica del potere associata ad una sostanziale indisponibilità al confronto con chi è portatore di idee, proposte, posizioni comunque diverse, siano essi gruppi politici od espressioni della società civile. Si tratta della applicazione di una logica di autosufficienza che rende la alleanza che governa la città più simile ad una fazione piuttosto che ad una compagine aperta ed attenta anche alla pluralità di voci che emergono dalla comunità mantovana.
MOLTIPLICAZIONE DEI POSTI
Alleanza peraltro in cui più che una comune visione politico amministrativa, del resto assai problematica in ragione della struttura oligarchica del potere reale, sembrano prevalere tra le forze che la compongono interessi di collocazione personale o di gruppo negli organismi istituzionali o di sottogoverno. A questo proposito risulta quanto mai grave ed inaccettabile la pratica diffusa e spregiudicata di utilizzare strumentalmente le istituzioni pubbliche per risolvere problemi interni alla coalizione, o per rafforzarne ed estenderne il consenso, tramite la moltiplicazione e la distribuzione assolutamente ingiustificata dei posti di assessore o di consigliere di amministrazione di società ed aziende a partecipazione comunale. Naturalmente il tutto a carico dei pubblici bilanci!
Quanto ai contenuti della azione di governo della città, i risultati della Amministrazione Burchiellaro appaiono assai deludenti. Dal 96 ad oggi lo sviluppo della economia e della occupazione ha conosciuto un deciso rallentamento, se non una involuzione. Quelle industrie che dagli anni cinquanta hanno contribuito alla prosperità di Mantova e della provincia, pur a costo di gravi compromissioni sul piano ambientale, in alcuni casi sono state interessate da una grave crisi che ha comportato un doloroso e forte ridimensionamento occupazionale, in altri sono attraversate da processi non sempre tranquillizzanti di riconversione e ridimensionamento. Se si esclude il comparto edilizio, gli investimenti per nuove attività economiche a Mantova rimangono piuttosto modesti rispetto ad altre aree della provincia tuttora caratterizzate da notevole dinamismo.
VALDARO
Tutto questo non va naturalmente imputato agli attuali pubblici amministratori, tuttavia non si può non rimarcare, nonostante gli innumerevoli annunci trionfalistici di questi anni, l’esito sinora insoddisfacente del progetto Valdaro nella sua articolazione di porto fluviomarittimo, centro intermodale, polo logistico ed area industriale. Progetto che avrebbe dovuto essere la risposta sul piano dello sviluppo economico ed occupazionale al declino in atto degli insediamenti produttivi “storici” della città, ma che invece, soprattutto per i ritardi, le inefficienze, le rivalità, i conflitti delle istituzioni coinvolte, in primis il Comune di Mantova, non è ancora adeguatamente decollato, se non nella forma di una normale area industriale. La funzione trasportistica infatti, costituita soprattutto dal porto fluviomarittimo e dalla intermodalità, che avrebbe dovuto costituire il differenziale decisivo per lo sviluppo del progetto, per una serie di ragioni tra cui i forti ritardi nel completamento delle opere infrastrutturali, rimane ancora del tutto marginale nonostante i cospicui investimenti pubblici.
TRAFFICO E VIABILITà
TANGENZIALE
Anche sul piano delle comunicazioni stradali si riscontrano esiti non soddisfacenti. Il cosiddetto Asse sud Angeli-Cerese attualmente in costruzione è un’opera senza dubbio necessaria ed utile, ma rimane comunque un tronco incompleto della tangenziale, che ormai non si sa come e quando sarà completata mancando i tratti Cerese-Pietole-Mantova sud ed il decisivo raccordo Pietole-Valdaro-Ostigliese. Su questa materia la nostra città sta scontando purtroppo i gravi errori strategici compiuti dalle pubbliche istituzioni locali, Comune, Provincia e Camera di Commercio, innanzitutto con l’aver accettato di collegare, o meglio subordinare, il completamento della tangenziale cittadina alla realizzazione del cosiddetto Tibre basso, cioè il raccordo autostradale Mantova sud-Parma, che una volta miseramente tramontato ha affondato con sé anche la prospettiva della nostra tangenziale. Successivamente con l’aver sottoscritto il protocollo di intesa sull’assai discutibile collegamento autostradale Cremona-Mantova, che non solo rimanda ad un futuro assai incerto e nebuloso il completamento del sistema tangenziale sopraccitato, ma che ne prospetta un surrogato attraverso l’ipotesi di una bretella stradale, che lambendo il Migliaretto, Bosco Virgiliano e il lago Inferiore, dovrebbe collegare il Camattino con via Brennero a ridosso del quartiere di Valletta Valsecchi. A parte le compromissioni ambientali che un’opera del genere provocherebbe in una zona particolarmente delicata della città, sul piano viabilistico tale progetto avrebbe l’effetto di portare il traffico pesante a ridosso della città invece di allontanarlo, tra l’altro attribuendo funzioni tangenziali ad una strada come via Brennero per le quali risulta del tutto inadeguata.
PASSAGGI A LIVELLO E CAVALCAVIA
Nessuna iniziativa seria poi è stata messa in atto per affrontare l’annoso problema costituito da alcuni accessi alla città, caratterizzati dalle barriere costituite dai passaggi a livello come a Porta Cerese e Gambarara, o dalla inadeguatezza e pericolosità del nodo stradale costituito dal cavalcavia di via Cremona.
ROTATORIE
In compenso si è voluto investire ingenti risorse pubbliche in rotatorie di incerta funzionalità ed efficacia viabilistica come a Porta Pradella, (per le quali esistevano soluzioni assai meno dispendiose sul piano ambientale e finanziario), e a Cittadella, che con gli accessi a corsia unica frequentemente rallentano e bloccano il traffico invece che fluidificarlo.
PISTE CICLABILI
Il danno alla sicurezza di pedoni e ciclisti è invece certo, anche perchè il sistema attuale e futuro delle piste ciclabili appare inadeguato alle necessità. Manca infatti da parte della Amministrazione ogni disponibilità a considerare la fattibilità di una pista ciclabile a fianco del pericolosissimo cavalcavia di via Cremona per collegare la città al cimitero ed Angeli ed in prospettiva a Grazie, mentre nulla si dice rispetto alla esigenza di una pista ciclabile che colleghi la città con l’area di Boccabusa, già ora quasi irraggiungibile per ciclisti e pedoni a causa dell’intenso traffico indotto dai molteplici insediamenti commerciali e direzionali. Traffico destinato peraltro a peggiorare ulteriormente nel futuro per la scelta insensata di collocarvi anche il nuovo Palasport e la nuova Fiera.
PIANO DEL TRAFFICO
Traffico e viabilità rimangono quindi problemi largamente irrisolti, e le risposte messe in atto dalla Giunta Burchiellaro attraverso il cosiddetto Piano del Traffico appaiono non solo inefficaci, ma sovente sbagliate. Sostanzialmente si sono messe in campo misure tampone, non di rado nate dalle proteste peraltro giustificate di gruppi di cittadini esasperati, quali ad esempio la estensione delle zone a traffico limitato, o la applicazione di sensi unici ad alcune strade importanti come via Trieste e corso Garibaldi, senza accompagnarle con i necessari interventi strutturali.
PARCHEGGI E CIRCONVALLAZIONE
La disponibilità dei parcheggi rimane infatti ancora largamente insufficiente per le esigenze di pendolari, turisti e visitatori occasionali della città, mentre la incomprensibile decisione di abbandonare l’impegno, più volte ribadito nei programmi elettorali, di realizzare il ponte di Fiera Catena e una strada parallela a Corso Garibaldi (ora a senso unico), ha concentrato il traffico di relazione tra gli estremi opposti della città, (ponte di S. Giorgio-Porta Cerese), quasi esclusivamente su viale Mincio, viale Pitentino e viale Piave, che ormai assolvono alla funzione impropria di circonvallazione cittadina. Il bilancio complessivo delle scelte operate dalla Giunta Burchiellaro in materia di traffico, in assenza dei necessari interventi strutturali, risulta quindi negativo. Si sono infatti elusi i veri nodi del problema e ci si è limitati a spostare i disagi da una zona all’altra della città.
INTERVENTI URBANISTICI
Tale situazione è ulteriormente aggravata da una discutibile programmazione degli interventi urbanistici, che appaiono il risultato della somma degli interessi privati più che la espressione di un disegno e di un progetto coerente di città.
BORGOCHIESANUOVA
Si è infatti liberalizzata la edificazione in molte zone periferiche consentendo insediamenti non di rado sovradimensionati o del tutto ingiustificati come nel caso del cosiddetto piano di recupero urbano di Borgochiesanuova, che contro ogni logica interviene prevalentemente su una vasta area agricola. Un piano che prevede la costruzione di ben 650 appartamenti, per di più a ridosso del tronco dell’Asse sud ora in costruzione. Si tratta di un autentico record mondiale: non s’è mai visto infatti un piano di recupero urbano applicato ad un’area coltivata!
BOCCABUSA, PALASPORT E FIERA
Anche la scelta di localizzare ad ogni costo nel comparto di Boccabusa, che già ospita un aggregato eccessivo di strutture commerciali e direzionali, il nuovo Palasport e la nuova Fiera appare del tutto incomprensibile, tanto più che per la insufficiente disponibilità di aree il parcheggio dedicato alla struttura, dimensionata per più di cinquemila spettatori, risulta di soli 300 posti auto!
Mentre quindi le periferie cittadine sono interessate da molteplici, disorganiche ed estese operazioni edilizie, in taluni casi senza prevedere adeguati interventi infrastrutturali soprattutto in materia di viabilità e parcheggi, il centro storico rimane il terreno quasi esclusivo dell’intervento privato quando non interessato da piani urbanistici che presentano scelte e soluzioni preoccupanti. E’ il caso del piano particolareggiato di Fiera Catena costruito ed organizzato intorno al progetto di un mega tribunale, un’opera che appare incompatibile sul piano ambientale-paesaggistico ed ingiustificata nel rapporto tra i costi (enormi, circa 140 miliardi di lire) e i benefici attesi. Analoghe considerazioni si possono fare per il Piano di Porta Mulina, dove addirittura è prevista la costruzione di una torre di 30 metri con un impatto sul profilo della città che si può immaginare; e per il Piano di piazzale Mondadori in cui la parte edificata prevista, tra cui un albergo di nove piani, appare del tutto sproporzionata in rapporto alla estensione della superficie interessata. D’altra parte è tutta la politica urbanistica adottata in questi anni ad essere caratterizzata da una impostazione eccessivamente liberalizzatrice in materia di edificazione privata, favorita peraltro prima da piani particolari sovente in deroga rispetto ai limiti e alle destinazioni previste dal piano regolatore vigente, e poi attraverso strumenti generali come il cosiddetto Piano Direttore e Piano dei Servizi che di fatto consentono tutto e il contrario di tutto. Il piano dei Servizi, che è un vero e proprio Piano Regolatore, prevede tra l’altro ben 28 nuovi piani di lottizzazione privati, che si aggiungono ai 16 attivati dalla Giunta Burchiellaro negli anni precedenti. Tra le scelte operate dal Piano c’è la delocalizzazione dello Stadio Martelli sulla quale in linea di principio si può convenire, anche se non costituisce certo una delle priorità della città. Tuttavia le modalità della operazione, affidata in toto alla iniziativa privata, suscitano non poche preoccupazioni dal momento che l’investimento piuttosto impegnativo per il nuovo stadio non potrà essere ripagato dalla redditività della struttura sportiva bensì dalle operazioni immobiliari collegate, che tra l’altro interverranno su un’area assai delicata come quella a ridosso di Palazzo Te su cui sorge il vecchio impianto.
Ci si chiede come questo programma di massiccia edificazione nelle zone più svariate della città possa essere assorbito dal mercato immobiliare in presenza di una sostanziale stagnazione economica ed occupazionale.
SCELTE AMBIENTALI
Sul piano delle scelte ambientali va rilevato che o intenzionalmente o per incapacità l’amministrazione Burchiellaro ha omesso di realizzare punti programmatici qualificanti, soprattutto ha eluso l’impegno a non consentire nuovi insediamenti produttivi che potessero compromettere ulteriormente la situazione ambientale della città.
Al contrario ha favorito l’avvio di progetti assai discutibili o addirittura dannosi per l’ambiente. Ne è un esempio clamoroso la megacentrale Enipower da 780 megawatt in fase di avanzata costruzione alle porte della città, di cui il Comune ha favorito la realizzazione anche oltre le proprie prerogative e competenze. Ricorrendo ad artifici formali di più che dubbia legittimità, ha infatti rilasciato alla società una concessione edilizia per l’impianto che competeva solo ed esclusivamente al Ministero delle Attività Produttive. Questo ha consentito ad Enipower di avviare i lavori della centrale parecchi mesi prima della prescritta autorizzazione ministeriale.
Per restare in ambito ambientale il Comune in questi anni ha dato il proprio parere favorevole anche all’inceneritore della Burgo da 40.000 t/ anno, già in funzione, nonché ad una seconda centrale a turbogas della potenza di 150 megawatt, da realizzarsi in area IES, che dovrebbe affiancarsi all’impianto Enipower.
Per non parlare di un secondo inceneritore da 80.000 t/anno già autorizzato in area Enichem.
Si tratta di un insieme di progetti non solo non contemplati nel programma elettorale del Sindaco, ma soprattutto insensati dal punto di vista ambientale per i loro effetti peggiorativi di una situazione non certo felice della città.
CULTURA
Un discorso specifico merita poi la politica culturale messa in atto dalla Amministrazione Burchiellaro. Il Sindaco ne ha più volte esaltato i successi oltre che rivendicare tra i meriti della sua Giunta la scelta di riservare a questo settore considerato strategico cospicue risorse, che raggiungerebbero il 10% dell’intero bilancio comunale. Se appena ci si appresta a guardare oltre la spessa cortina fumogena costituita da un aggressivo apparato propagandistico, emerge un quadro ben diverso e assai negativo.
BIBLIOTECA TERESIANA
Alla fine del mandato di Burchiellaro ci troviamo con la prestigiosa biblioteca Teresiana ancora ben lontana dalla sua piena efficienza e fruibilità essendo il progetto di restauro ancora largamente incompleto per mancanza di mezzi. La Amministrazione infatti ha mancato per ben due volte, a causa della propria arrogante e maldestra incapacità, le opportunità costituite dall’accordo quadro Regione e Governo in materia di Beni Culturali, che ha mobilitato risorse in Lombardia per il recupero del patrimonio storico-artistico per circa 350 miliardi di lire. Mantova è riuscita nell’impresa di farsi escludere per ben due volte da questi finanziamenti benchè possa vantare in ambito regionale credenziali di prim’ordine in questo settore.
TEATRO SOCIALE
Né la situazione appare più felice per quanto riguarda i teatri.
Al di là dei propositi ufficiali, la iniziativa della Amministrazione per il rilancio del Teatro Sociale si è rivelata sinora del tutto inconcludente, ed il pericolo che esso perda il proprio status di Teatro di Tradizione e con esso gli annuali finanziamenti dello Stato è reale. Nessuna seria offerta per l’acquisto almeno delle quote maggioritarie della proprietà del Teatro è stata messa in campo dalla Amministrazione, anzi si è formalmente chiesto ai condomini del Sociale di regalare il proprio palco al Comune con un indennizzo ridicolo di 10 mila euro, provocandone la giustificata irritazione . Pure l’ipotesi di una gestione pubblico-privata del Sociale segna desolatamente il passo anche per l’improvvisazione e le limitate disponibilità finanziarie messe in campo dalla Amministrazione.
ARISTON
In compenso la Giunta Burchiellaro ha deciso sorprendentemente di impegnare più di quattro miliardi di lire nell’acquisto del cinema Ariston che per le sue caratteristiche, a meno di ulteriori cospicui investimenti, (comunque ben poco giustificabili per una simile struttura) , non può sostituire il Sociale né come sala teatrale né tanto meno come auditorium musicale. Si tratta di una scelta priva di alcuna logica e convenienza, oltre che clamorosamente sbagliata dal punto di vista culturale.
Quanto agli eventi culturali uno dei maggiori vanti del Sindaco è costituito dallo straordinario successo di pubblico, (molto meno di critica), della mostra sulle collezioni Gonzaga denominata “Celeste Galeria”. Contro la mitologia corrente sapientemente alimentata da Burchiellaro, va precisato per onore di verità che la mostra gonzaghesca è stato un progetto nato e sviluppato all’interno del Centro di Palazzo Te, che ne ha condotto la organizzazione dalla fine del 97 sino a tutto il 2001 quando ne fu di fatto espropriato e sostituito da un Comitato sotto la presidenza del Sindaco. Quanto accaduto non fu estraneo alla uscita quasi totale dei soci privati dal Centro, irritati anche dalla mancata sua trasformazione in Fondazione di Partecipazione, il cui statuto era stato predisposto sin dal 97, ma che il Sindaco si è assunto la responsabilità di bloccare per anni.
Il Centro sopravvissuto è quindi molto diverso dal passato, assai più debole sul piano della compagine associativa, quasi del tutto formata da soci pubblici, dipendente sul piano finanziario pressocchè totalmente dalle erogazioni comunali, non più sede autonoma di progettazione culturale, ma semplice appaltatore ad agenzie esterne delle proprie iniziative, peraltro assai controverse sul piano della qualità e dai costi elevatissimi e di dubbia plausibilità. La amministrazione Burchiellaro, che mal sopportava la autonomia culturale e il prestigio del Centro presieduto da Zorzi, ha la grave responsabilità di averne decretato la fine. Così una Istituzione culturale che poteva contare sul contributo finanziario di un folto gruppo di Soci in gran parte privati, che poteva avvalersi di sperimentate professionalità interne, ora disperse o mortificate, nonché di una rete di relazioni con i maggiori musei del mondo, che era promotrice di studi e ricerche ed editrice di una apprezzata rivista scientifica, è stata deliberatamente affossata dalla mediocre megalomania del primo cittadino, ansioso di sostituirsi come manager culturale ad altri assai più sperimentati ed attrezzati culturalmente. Predomina ormai nella politica culturale del comune una malintesa predilezione per l’”evento”, considerato soprattutto nel suo possibile impatto mediatico, non certo sotto il profilo della qualità che ne costituisce una appendice secondaria. Si spiegano così le spese esorbitanti sostenute dal Comune per iniziative discutibili o mediocri come la mostra di Palazzo Te su Nuvolari (600 mila euro per 14.000 visitatori), o per i concerti di Dalla, Conte e Guccini, ( tra spese dirette e incassi agli organizzatori quasi 500 mila euro!), per l’esposizione sui Bambini nell’Arte, (ancora 600 mila euro), o per le quattro giornate sui Diritti Umani per le quali le casse comunali hanno sborsato più di un miliardo di lire. Si spiega così anche il sodalizio con un personaggio controverso, ma televisivamente noto come Sgarbi, cui è stata affidata una mostra che costerà più di tre miliardi di lire, contando su una sua attrattività mediatica, che nelle speranze dovrebbe riflettersi anche sul Sindaco e sulla Amministrazione.
Mentre questi progetti possono godere della sorprendente generosità del comune, le biblioteche non hanno i mezzi per acquistare i libri, la stagione musicale ogni anno rischia di non partire per la insicurezza delle risorse disponibili, le altre istituzioni sopravvivono faticosamente, insomma la cultura come pubblico servizio vive una vita quanto mai stentata e comunque subordinata alla capricciosa benevolenza del potere politico. Se è vero quindi, come sostiene il Sindaco, che la spesa del comune per la cultura è raddoppiata rispetto al passato, l’uso sconsiderato delle risorse pubbliche ne fa un grosso demerito non certo un vanto.
ASSISTENZA SOCIALE
Secondo Burchiellaro anche la spesa comunale per la assistenza sociale sarebbe raddoppiata dal 96 ad oggi e sarebbe il segno della forte attenzione della sua amministrazione ai bisogni di tutela sociale dei cittadini mantovani. Non è vero. Nella spesa comunale di questo settore vengono impropriamente conteggiati più di due milioni di euro per la gestione delle farmacie comunali la cui attività è di carattere commerciale non certo sociale. Inoltre se si tiene conto delle entrate in termini di contributi regionali sia in termini di rette e tariffe pagate dai cittadini utenti e dalle loro famiglie, notevolmente lievitate in questi anni, la spesa reale del comune appare fortemente ridimensionata.
D’altra parte il contributo della amministrazione annualmente assegnato ad ASPEF , l’azienda creata dal comune per i servizi sociali, non si è mai discostato dai circa 600 mila euro del primo anno di attività dell’azienda. Assai pochi se si pensa che una recente delibera della Giunta ha assegnato al Centro di Palazzo Te un contributo di ben 956mila euro per pagare i debiti della mostra su l’Infanzia nell’arte e delle quattro giornate dei Diritti Umani, e che nel 2003 la stessa giunta ha erogato al cosiddetto Comitato Eventi Palazzo Te “after Celeste Galeria”, ora giustamente scomparso, un contributo di più di un milione di euro per finanziare le proprie modeste iniziative. Burchiellaro annovera comunque tra i meriti della sua amministrazione la creazione di Aspef, l’azienda cui è demandata l’erogazione di gran parte dei servizi sociali un tempo affidati alla gestione diretta del comune. Si tratta di uno strumento verso il quale non c’è alcuna pregiudiziale negativa, purchè si evitino alcuni pericoli che questa scelta ha di fatto comportato.
Innanzitutto la delega ad Aspef di compiti tanto importanti non può deresponsabilizzare il Comune dai propri doveri in questo settore, che non riguardano solo la garanzia di risorse adeguate, ma che attingono principalmente ad una funzione di programmazione e controllo. Spetta alla amministrazione infatti provvedere ad una analisi seria dei bisogni e delle necessità sociali, ad indicare le priorità, a costruire un progetto di intervento mettendo insieme oltre che le risorse delle pubbliche istituzioni, gli apporti preziosi del volontariato e del privato sociale. Soggetti che devono essere associati alla elaborazione del progetto, oltre che alla sua attuazione. In questi anni il comune è mancato parzialmente a questa funzione e sovente ha delegato ad Aspef compiti suoi propri, peraltro alimentando una vocazione egemonica dell’azienda che non ha certo favorito la collaborazione con tutti i soggetti interessati. Ne è un esempio il rapporto con l’Istituto Geriatrico del quale si persegue la fusione con Aspef con il pretesto di non ben precisate economie di scala, (i disastri dell’accorpamento degli ospedali mantovani in un’unica azienda non hanno insegnato nulla!), quando si dovrebbe invece costruire un progetto assistenziale comune, che metta insieme le peculiarità di ognuno.
In secondo luogo la scelta della formula aziendale, se ben si adatta alla gestione delle farmacie comunali, può comportare un ulteriore pericolo nell’esercizio della tutela sociale dei più deboli, in quanto il soddisfacimento di un bisogno di assistenza non sempre si concilia con un approccio meramente aziendalistico di costi e ricavi. L’azienda infatti potrebbe avere i conti in perfetto equilibrio, ma non corrispondere alle finalità di tutela sociale per la quale è stata creata. In qualche caso ciò è accaduto.
In terzo luogo la individuazione delle strumento aziendale può far lievitare i costi di gestione tanto da sottrarre risorse non indifferenti ai servizi. Per Aspef essi ammontano a circa un miliardo: vi contribuiscono tra l’altro le indennità di carica del Consiglio di amministrazione, la Direzione generale, le consulenze esterne, i revisori dei conti, le attività di promozione, ecc. ecc. Questi costi sarebbero assai più contenuti se ad esempio la presidenza Aspef fosse affidata all’assessore ai Servizi sociali e la direzione dell’azienda al dirigente dello stesso assessorato, evitando duplicazioni costose e rafforzandone la funzione di strumento del comune nella tutela sociale, e quindi da esso governato e diretto. La situazione attuale invece non di rado registra da parte delle presidenza di Aspef improprie invasioni di campo nella politica sociale del comune. Tuttavia possiamo affermare che i maggiori costi dell’azienda siano compensati da una migliore efficienza nella gestione dei Servizi ? Non abbiamo elementi per poterlo sostenere. Quel che è certo è che con Aspef le rette e le tariffe a carico degli utenti per molte prestazioni sono aumentate in questi anni in modo assai consistente e le famiglie mantovane, ad esempio per la assistenza domiciliare, pagano assai di più di quelle che risiedono nella provincia. Se poi, come è stato deciso inopportunamente, si procederà alla privatizzazione di quasi il 50% delle Farmacie comunali con la conseguente privatizzazione nella stessa quota degli utili di gestione delle stesse farmacie, le risorse dell’azienda Aspef per i propri servizi saranno ancora minori per cui è possibile una ulteriore lievitazione di rette e tariffe.
L’analisi sin qui esposta, peraltro supportata da precisi elementi di fatto, porta inevitabilmente ad esprimere un giudizio del tutto negativo sui nove anni della esperienza della Amministrazione Burchiellaro. Di qui la necessità di cambiare radicalmente strada sul piano delle scelte programmatiche e sui metodi di governo se si vuole affrontare con diversa efficacia i tanti nodi irrisolti che frenano lo sviluppo civile ed economico della città