POLITICA

Franceschini: nessuna scissione se vince Bersani alle primarie

ROMA - Nessuna scissione se Pierluigi Bersani dovesse diventare segretario del Pd. "Questi scenari vengono dipinti da chi ha interesse a indebolire il Pd. Fa parte del gioco", dice Dario Franceschini, intervistato ieri da Maurizio Belpietro a 'Mattino Cinque'. Il segretario del Pd ricorda che "è la prima volta che si fa una primaria di cui non si conosce l'esito". Le precedenti prove, con Romano Prodi e Walter Veltroni, avevano un esito già scritto. "Questa volta - rimarca - decidono gli elettori". E facendo riferimento alle primarie Usa, Franceschini assicura: "II giorno dopo quelli che hanno perso sosterranno con lealtà chi ha vinto". Per quanto riguarda gli altri candidati alla segreteria, "non mi pare assolutamente giusto distinguerci per differenze, lo penso che non si debba tornare indietro rispetto allo schema bipolare, all'idea di un partito aperto, e non si deve tornare indietro rispetto all'idea per cui in un grande partito si incontrano le diverse tradizioni del riformismo italiano, laici e cattolici, la sinistra e i moderati, gli ambientalisti, i socialisti". "Il Pd - spiega il segretario - non deve essere un partito identitario. E' chiusa la stagione dei partiti identitari che prendevano dal 2 al 16%. Le diversità devono convivere, la sintesi è la sfida più bella". Mentre i sondaggi sulla corsa alla leadership "sono davvero un gioco - osserva poi -. Il dato vero è che c'è una fase in corso in cui gli iscritti selezionano chi va alte pnmane- Li non ci saranno mote sorprese perché siamo in tre - prosegue -. Poi il 25 ottobre verranno a votare tutti gli elettori, anche senza essere iscritti, che sceglieranno da chi far guidare il partito. Sarà una prova di grande partecipazione". A proposito del numero di iscritti, "penso che non ci siano tessere gonfiate e comunque, siccome nei circoli devono andare a votare tìsicamente le persone, vedremo esattamente quale sarà la partecipazione e come sarà distribuita nel territorio. Un partito con molti iscritti è un fatto positivo, non negativo". Poi, in vista delle Regionali del 2010 "dobbiamo formare alleanze attorno a programmi condivisi, perché è finita l'epoca delle alleanze 'contro', e decidere regione per regione", osserva il leader Pd. Quindi sottolinea il paradosso per cui il presidente del Consiglio dice di "sostenere il federalismo" e poi tratta le regioni italiane "come figurine".

Da parte sua lo sfidante Pierluigi Bersani spiega: "Noi non facciamo un congresso perché abbiamo delle beghe tra noi, ma siamo un grande partito che non ha un padrone e che discute di contenuti e parole nuove per il paese". "Questo è un partito che certo sopravvivrà ai suoi leader, ma non si può dire lo stesso per tutti i partiti italiani. Noi stiamo discutendo di come essere utili al paese -prosegue Bersani - e non delle nostre beghe, lo ho rispetto per tutti quelli che ci hanno portato fin qui ed ora noi che siamo arrivati fin qui, dobbiamo far girare la ruota e far emergere una nuova generazione".