CENTRALE SERMIDE OSSERVAZIONI

 

1)                     VIOLAZIONE DELL’ART. 117 DELLA COSTITUZIONE (RIFORMATO DALLA LEGGE COST. 3/2001) - VIOLAZIONE DELL’ART. 77 COST. E DELLA L. 400/1988 - ECCESSO DI POTERE  LEGISLATIVO.

In via preliminare è da rilevare un evidente difetto di legittimità costituzionale del Decreto legge del 7/02/2002 n.7 (cd. Sblocca-centrali) convertito con L. 09.04.02 n 55 costituente il presupposto e il fondamento su cui la soc. Edipower ha avviato l’iter procedurale per ottenere l’autorizzazione al potenziamento della centrale termoelettrica di Sermide.

Il carattere di incostituzionalità di tale decreto è già stato evidenziato in alcuni ricorsi al TAR.

Infatti, tale decreto contrasta in maniera evidente con la nuova formulazione dell’art. 117 della Costituzione che assegna espressamente la produzione di energia alla competenza normativa concorrente delle regioni.  Al contrario la L. 09.04.02 n 55 attribuisce al Governo il potere di disciplinare le procedure autorizzatorie delle centrali termoelettriche. Invece le disposizioni della nuova formulazione dell’art. 117  della Costituzione prevedono espressamente che le autorizzazioni e, quindi, la relativa disciplina procedimentale  siano di competenza delle regioni.

L’unica argomentazione usata dal Governo per legittimare tale forma di esautorazione della regione,  è quella che la dichiarazione delle centrali come opere di pubblica utilità sarebbe giustificata solo dal deficit produttivo del sistema elettrico nazionale non altrimenti colmabile con gli impianti oggetto del decreto.

Tenendo conto che i tempi di realizzazione delle predette centrali sono di circa due anni è evidente, che la legge sblocca centrali non può risolvere a breve termine il problema del presunto deficit e, pertanto, risulta insussistente l’urgenza e l’indifferibilità in quanto opere di pubblica utilità che giustificherebbe, secondo il Governo,  la legge sblocca centrali.

Tale provvedimento normativo come già evidenziato si presenta palesemente illogico, in quanto si fonda sul presupposto di evitare un imminente pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura al fabbisogno nazionale.

Tale presunto deficit di energia elettrica da cui sarebbe affetto il nostro Paese risulta infondato, infatti, l’Italia confrontata con i Paesi europei ha una capacità produttiva di 75,9 GW mentre la domanda di punta più elevata registrata nella giornata di martedì 11 dicembre 2001 alle ore 17 è stata di 53,3 GW.

Questa capacità calcolata come rapporto tra margine di riserva  e domanda di punta in Italia è pari al 53% contro il 38% della Germania ed il 50% della Spagna. Solo la Francia con il 55% ha un margine comparabile, mentre i Paesi che per primi hanno liberalizzato i rispettivi mercati  Inghilterra e Paesi scandinavi mostrano margini di sicurezza più ridotti.

I dati forniti dall’Enel dimostrano come il margine di sicurezza tra capacità di produzione e punta massima di consumo è rimasto superiore al 20%.

Per queste ragioni va evidenziato come le premesse del decreto sblocca centrali convertito in legge 2.04.02 n. 55, non sono basate su dati oggettivi, ma su un falso allarmismo per giustificare un provvedimento  palesemente illegittimo per eccesso di potere legislativo in quanto lo stesso presenta profili di illogicità ed incoerenza.

 

Non trovano, quindi riscontro le giustificazioni addotte a sostegno dell’intervento da parte della soc. Edipower.

Quanto dichiarato a pag. 10 del S.I.A. infatti è incompleto: Edipower sostiene che a fronte di un fabbisogno nazionale di 310,4 miliardi di kWh la produzione nazionale è stata di 270,3 miliardi di kWh. Edipower utilizza in maniera consapevole il termine “produzione” in quanto sa bene che la potenzialità installata è ben maggiore e che parte di essa si trova inutilizzata in quanto “in riserva”.

 

Secondo dati forniti direttamente dal GRTN nel 2002 in Italia:

-    il fabbisogno di energia, a dicembre 2001, è stato di 52.000 MW;

-    la capacità produttiva installata, sempre al dicembre 2001, ammontava a 76.400 MW;

-    le importazioni arrivavano a 6.000 MW.

 Tuttavia a fronte di potenziali 82.400 MW (76.400 + 6.000), l’energia effettivamente disponibile è di 48.770 MW. Ben 27.700 MW, ossia il 36,5% della capacità produttiva risulta “indisponibile”.

Basterebbe, quindi, programmare gli arresti di lunga durata per manutenzioni o altro e riconvertire le centrali esistenti a migliori tecnologie per recuperare rapidamente

 

2)                       ERRONEA APPLICAZIONE DELLA L.9.04.02 n. 55

La ditta MIRANT illegittimamente si è servita come sopra osservato della cd. legge sblocca centrali, infatti, è da rilevare che la predetta legge all’art. 4 afferma” le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completa la procedura di VIA ovvero risulti in via di conclusione il relativo procedimento, su dichiarazione del proponente. Ora il procedimento relativo all’impianto per la ditta Mirant, per quanto concerne la procedura di VIA (comprendente anche l’inchiesta pubblica ex art. 7 all. IV DPCM 27/12/88 conclusasi in data 15.10.01), risultava, come emerge dagli atti allegati, che era concluso o quanto meno in fase di conclusione al momento dell’entrata in vigore del decreto Marzano (07/02/02). Infatti, la procedura di VIA aveva con il parere nr. 465 del 31.01.02 del ministro dell’ambiente-commissione già concluso tutta la istruttoria preliminare, mancando solo il formale giudizio definitivo emesso dal Ministro dell’Ambiente di concerto con quello per i Beni e le Attività Culturali in data 04.11.02 che non hanno fatto altro che recepire in toto il parere della predetta commissione, per cui risulta almeno illegittimo il ricorso alla legge sblocca centrali da parte della ditta Mirant, a nulla valendo l’escamotage del riferimento alle opere connesse (gasdotto ed elettrodotto) per riaprire il procedimento in questione.

 

3)                       VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA 97/11/CE SULLA VIA (VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE)

La disciplina autorizzatoria introdotta dalla legge 2.04.02 n. 55, risulta palesemente lesiva della direttiva 97/11/CE  della UE che ha modificato la direttiva 85/337. Tale direttiva che disciplina la procedura di valutazione di impatto ambientale delle opere pubbliche (non ancora recepita dall’Italia nonostante i termini siano scadute e l’Italia sia stata  sottoposta a procedura di infrazione)  è stata da tempo dichiarata ad efficacia diretta, a prescindere dal recepimento degli stati membri in particolare proprio per gli articoli relativi all’atto amministrativo distinto costituito dal giudizio di VIA dell’autorità competente nazionale (CORTE DI GIUSTIZIA 11/08/1995- CAUSA 431-92). Infatti, il testo della legge sblocca centrali assorbe il giudizio di VIA nell’autorizzazione all’impianto e lasciando al Ministro dell’ambiente la mera istruttoria tecnica si pone in netto contrasto con la suddetta direttiva 97/11. Secondo questa direttiva : “a) la valutazione di impatto ambientale di un progetto deve sempre precedere l’autorizzazione dello stesso; b) occorre prevedere un’unica procedura tra il giudizio di impatto ambientale e l’autorizzazione prevista dalla dir 96/61 CE sull’impatto integrato”.

L’obiettivo che qui viene enunciato pare essere quello di far assorbire dal giudizio positivo di impatto ambientale, ove possibile, le autorizzazioni ambientali di settore(acqua , aria , rifiuti), quindi, la VIA resterebbe un procedimento distinto dal procedimento autorizzatorio principale ma si integrerebbe con i procedimenti autorizzatori ambientali di settore, almeno nei campi individuati dalla DIR 96/61/CE. Non a caso la nuova dizione del comma 1 dell’art. 2  della dir. 85/337 (ex DIR 97/11) afferma che gli Stati Membri adottano disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura la loro dimensione o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Accanto alla dizione valutazione appare per la prima volta quella di autorizzazione, il che letto in combinato disposto con il comma 2 bis del nuovo art. 2 DIR 85/337(introdotto dalla direttiva 97/11) conferma quanto sopra rilevato.

A quanto sopra occorre aggiungere che la legge in questione sospende l’efficacia del DPR 53/98 e, soprattutto, dell’allegato IV al DPCM 27/12/88 sopra esaminati.

Quindi per l’autorizzazione alle centrali termoelettriche sopra i 300 MW si applicherebbe la procedura della nuova legge, ma per la VIA è già applicabile la nuova direttiva 97/11 anche se non ancora attuata nel nostro Paese.

La legge 09.04.02 n. 55  in esame afferma testualmente:”Fino al recepimento della direttiva 96/61/CE tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata”. Quindi, l’autorizzazione unica alla centrale oltre i 300 MW costituirebbe anche autorizzazione integrata ex direttiva 96/61/CE, che gli estensori dimenticano essere stata attuata con Dlgs 372/1999. Ora questo decreto rinviava la disciplina della procedura per ottenere l’autorizzazione integrata per gli impianti nuovi(cioè quelli successivi all’entrata in vigore del Dlgs 372/99, nella dizione dei quali ricadono sicuramente le centrali in questione) alla nuova legge quadro sulla VIA che avrebbe dovuto recepire la nuova direttiva 97/11.

Non si comprende se il rinvio che il Dlgs 372/99 faceva alla legge quadro sulla via deve considerarsi abrogato implicitamente dalla nuova normativa.

Dal testo della legge sblocca centrali non si evince se a queste centrali si applica l’istruttoria tecnica prevista dal Dlgs 372/99.

Come rilevato la legge sblocca centrali sospende l’allegato IV DPCM 27 /12/88 allegato disciplinante l’inchiesta pubblica per la valutazione di impatto ambientale. Tale inchiesta prevede la nomina del Presidente dell’inchiesta pubblica che deve essere comunicata a tutti i soggetti interessati e dopo, previa designazione degli enti interessati, la nomina dei membri della commissione di inchiesta in rappresentanza di regione, provincia e comuni interessati.

La legge sblocca centrali sospende l’efficacia del suddetto allegato e, pertanto, l’inchiesta pubblica non sarebbe più applicabile alle centrali con una potenza superiore ai 300 MW . Ora ciò non esclude che debba essere seguita una procedura di autorizzazione trasparente non solo per i principi previsti dalla L. 241/90, ma più specificatamente per le novità introdotte dalla direttiva 97/11/(VIA) e 96/11(autorizzazione integrata) entrambe in vigore nel nostro Paese, in questa materia (vedasi Corte di Giustizia 16/09/99)

La MIRANT ITALIA srl che intende realizzare la centrale ha inoltre, fornito una interpretazione del progetto della centrale in contrasto con la vigente normativa nazionale, ma anche con la nuova direttiva 97/11 CE in materia di norme tecniche sulle modalità di redazione dello studio di impatto ambientale. Infatti, sia il DPCM del 27/12/88 sia la nuova direttiva 97/11(in modo ancora più esplicito) affermano che colui che redige lo studio di impatto ambientale dovrà esaminare anche le alternative progettuali prese in esame dal committente dell’opera sottoposta a VIA.

In particolar la direttiva 97/11 nel descrivere i contenuti minimi dello studio di impatto al punto 2 dell’alleato IV prevede  anche :” una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale”.

 Il DPCM 27/12/88 (art.3 comma 2 lett. B), inoltre, afferma che lo studio di impatto dovrà valutare anche le coerenze del progetto con gli strumenti di programmazione e pianificazione in materia energetica ed ambientale.

Sempre a tale proposito la Mirant, con riferimento agli artt. 2,3,4 e 5 del summezionato DPCM,  ha omesso nel progetto di valutare in particolare “” il grado di copertura della domanda ed i suoi livelli di soddisfacimento in funzione delle diverse ipotesi progettuali … ciò anche con riferimento all’ipotesi della assenza dell’intervento”” (art.4 lett.b) ovverosia ha omesso di considerare e verificare la possibilità della alternativa zero di cui all’art. 10, comma tre, della legge 340/2000, che, lin considerazione dei principi espressi nell’Accordo Stato-Regioni-Comuni-Provincie del 05/09/2002, avrebbe escluso la possibilità realizzativi del progetto de quo, in quanto la Puglia ha un surplus di produzione energetica di circa il 40% rispetto al suo fabbisogno.

E’ evidente, che alla luce di quanto sopra illustrato per verificare l’impatto delle centrali dovranno essere valutati non solo la situazione ambientale esistente nel sito, ma anche la coerenza della centrale con le esigenze energetiche regionali e nazionali, ciò anche in coerenza delle nuove competenze regionali in materia di produzione di energia elettrica nonchè per la necessità di dimostrare la coerenza del progetto con il sistema elettrico nazionale ex art. 3 del dpr 53/88 (che sul punto resta in vigore).

Tutto ciò quindi dovrà essere oggetto dello studio di impatto che dovrà essere presentato dalla società che vuole realizzare la centrale, nonché, del confronto con la comunità locale che dovrà tenersi con l’inchiesta pubblica  o procedura partecipata che sarà. Solo cosi il percorso che porterà alla definizione finale risulta trasparente nelle motivazioni, e solo così possono essere evidenziati tutti gli interessi in gioco, non solo quelli di chi vuole speculare  sulla vendita di energia elettrica.

La Mirant ha evidentemente omesso di osservare tutte queste procedure garantiste ricorrendo arbitrariamente alla legge sblocca centrali per precostituirsi una corsia accelerata per la costruzione della predetta centrale.

“Nel  caso di  un progetto che richieda una valutazione ai sensi della direttiva  del  Consiglio Cee  27  giugno 1985 n. 337, concernente la valutazione  dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati,  l'art. 2  n. 1  e  2 della stessa va inteso nel senso che autorizza uno Stato membro a servirsi di una procedura di valutazione  diversa  da quella istituita dalla direttiva, ove detta procedura sia incorporata in  una  procedura  nazionale esistente o da stabilire ai sensi dell'art. 2  n. 2 della  direttiva;  tuttavia,  detta procedura alternativa deve  soddisfare  i requisiti di cui agli art. 3 e da 5 a 10  della direttiva,  tra  i  quali la partecipazione del pubblico ai sensi dell'art. 6 della stessa”. Corte giustizia CE 16 settembre 1999, n. 435

 

4)                       VIOLAZIONE DELL’ART. 2 DEL DPCM 10.08.1988 n° 377 - VIOLAZIONE DELLE NORME SUL GIUSTO PROCEDIMENTO IN MATERIA DI ACCORDI DI PROGRAMMA - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI - ECCESSO DI POTERE ESPLICANTESI NELLE SEGUENTI FIGURE SINTOMATICHE: OMESSA E/O ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI – TRAVISAMENTO- CARENZA ISTRUTTORIA - ILLOGICITA' MANIFESTA – DISPARITÀ DI TRATTAMENTO

L’accordo di programma siglato a seguito della delibera di G.R. citata e la conseguente ratifica del consiglio Comunale sono da intendersi nulli in quanto, in ordine al richiamato accordo fra Regione Puglia - Comune di Severo, va rilevato che l'articolo 2 del DPCM 377/1988 precisa che per i progetti da sottoporre a pronuncia di compatibilità ambientale "si intendono (i) progetti delle opere di cui all'art. 1, i progetti di massima delle  opere stesse, prima che i medesimi vengano inoltrati per i pareri, le autorizzazioni, i nulla-osta  e gli altri atti previsti dalla normativa vigente…". Va da sé che la valutazione di impatto ambientale o di pronuncia di compatibilità ambientale, per quanto anzidetto doveva essere attuata prima di qualsivoglia accordo, programma o altro  da parte degli enti pubblici in questione.  “Ai  sensi del  combinato disposto degli art. 1 e 2 D.P.C.M. 10 agosto1988  n. 377, i  progetti  da  sottoporre alla  procedura  di impatto ambientale sono esclusivamente quelli di massima; tuttavia i progetti esecutivi   che,  contenendo  importanti   variazioni   rispetto alla progettazione di massima, alterino sostanzialmente le caratteristiche fondamentali   dell'opera, devono   essere  oggetto  di pronuncia  di compatibilità ambientale”. Consiglio Stato sez. IV, 18 settembre 1997, n. 1000

Cosa che per il progetto Mirant non è avvenuto e questo in violazione, anche sotto quest'ultimo profilo, delle anzidette norme di legge.  L’Accordo di programma risulta pertanto quanto meno viziato da irritualità e illegittimità, abuso di potere e omissione di atti,con conseguente nullità di efficacia della delibera di Giunta Regionale e della delibera di Consiglio Comunale di ratifica, relative a “ Accordo di programma per la realizzazione di una centrale a ciclo combinato 1 x 400 MW per la produzione di energia elettrica nel comune di S.Severo”,siglato in data 10-5-2001 tra  Regione Puglia e Comune di S.Severo,autorizzato cioè con delibera di G.R. nr. 439 del 12-4-2001 e sottoscritto dal Presidente della giunta Regionale e dal Sindaco del Comune di S.Severo il 10-5-2001, accordo poi ratificato  dal Consiglio Comunale di S.Severo il 5-6-2001 ,in quanto comportante variante urbanistica dell’area interessata dal progetto di centrale, con la conseguenza che l’area sita in località Masseria Ratino nell’agro di S.Severo varia da destinazione a uso agricolo a destinazione urbanistica industriale in contrasto e dispregio della normativa vigente. Si evidenzia che la stessa Giunta regionale con propria deliberazione nr.1097 del 24-7-2001 ha annullato i provvedimenti del Comune di S.Paolo Civitate per illegittimità,con riguardo alla realizzazione di impianto di produzione di energia elettrica della Ditta Girola Green Energy,relativamente alla concessione edilizia che prevedeva deroga di uso dei terreni da agricolo a industriale,peraltro,  non attinente all’agricoltura.

La delibera di G.R. citata viene qui di seguito sinteticamente riportata per le forti analogie con il caso MIRANT, in quanto la diversa destinazione del terreno individuato nel comune di San Severo come sito per la centrale ha ripercussioni non indifferenti sugli interessi e i legittimi diritti dei ricorrenti.

Nella predetta delibera si afferma testualmente che ci si deve riferire al P.R.G. e agli altri riferimenti specifici normativi  e regolamentari come a “bastioni” a tutela della salvaguardia del territorio, del suolo ,sottosuolo, aria, acqua, nonché a regole di mercato improntate alla trasparenza e alla legalità, ovvero rispettose degli interessi dei singoli e della collettività.:

Si determina a seguito della installazione della Centrale in oggetto una perdita di valore dei terreni,a destinazione agricola,nelle vicinanze dell’impianto; il suddetto impianto nei fatti contribuirà ad alterare i già precari equilibri  ecologici,aumentando la desertificazione dei suoli,già in atto; le emissioni di inquinanti dalla centrale danneggeranno le coltivazioni dei terreni circostanti e sicuramente la salute degli agricoltori,degli animali allevati in zona;si segnala  esemplificativamente che i sottoscritti sono proprietari di vivai, aziende zootecniche con circa  duemila pecore,60 bovini,1000 maiali,20.000 ovini etc.; la realizzazione dell’impianto impedirà ai sottoscritti,proprietari dei terreni limitrofi di effettuare agricoltura di tipo biologico e quindi accedere ai benefici previsti per legge e al mercato specifico; altro aspetto drammatico è connesso al consumo di acqua,in considerazione dell’attuale emergenza persistente e della pressoché nulla erogazione di acqua ai terreni nel corso dell’anno trascorso,sicuramente peggiorata dall’insediamento in questione sia per il consumo diretto di acqua che per l’inquinamento termico e le conseguenze inerenti la desertificazione progressiva”.

Occorre ribadire che il comune di S. Paolo dista dal comune di S. Severo solo 13 km, pertanto, il territorio interessato dalla centrale Mirant presenta problematiche assolutamente analoghe e coincidenti con quelle evidenziate.

Per completezza di analisi in merito alla derogabilità del PRG e alla sua sindacabilità da parte dell’autorità giurisdizionale occorre ricordare, inoltre, le seguenti sentenze:

“Le norme sulla conferenza dei servizi, contenute negli art. 14 e ss., l. n. 241 del 1990 (come modificati dalla l. n. 127 del 1997), non possono essere applicate al procedimento di localizzazione delle opere pubbliche statali in deroga agli strumenti urbanistici di cui all'art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977 ed al d.p.r. n. 383 del 1994, in quanto la conferenza deve sempre muoversi nel rispetto della normativa vigente non essendo ad essa conferito alcun potere di deroga rispetto ad atti amministrativi generali efficaci; in altri termini, lo spazio all'interno del quale si muove la conferenza non è quello della deroga, ma quello della composizione delle discrezionalità amministrative e dei poteri spettanti alle amministrazioni partecipanti, ponendosi come momento di confluenza delle volontà delle singole amministrazioni, nel rispetto dell'ordinamento normativo e amministrativo vigente: da ciò ne consegue che laddove l'art. 17, comma 11, l. n. 127 del 1997 afferma l'applicabilità della nuova normativa alle altre conferenze di servizi previste dalle leggi vigenti, tale rinvio sia limitato alle leggi che configurano la conferenza dei servizi come strumento di composizione delle diverse volontà e non come strumento di deroga alla normativa o alla pianificazione vigenti”.

Cons. Stato, Sez.I, 05/11/1997, n.1622

“ In  ordine  ai limiti  del  sindacato giurisdizionale di legittimita' relativi  alle  scelte  della  P.A.  di azzonamento  del  territorio, laddove  il privato si dolga della illogicita' delle scelte medesime,  il   giudice  non  puo’fermarsi  di fronte  al  "muro"  della lata discrezionalita', ma deve ricercare nel complesso degli atti relativi all'attivita' pianificatoria la puntuale giustificazione dell'operato dell'amministrazione,  particolarmente  nel caso di variante al piano regolatore generale,    dai   cui   elaborati tecnici   e   relazioni illustrative  devono  comunque emergere  le  sopravvenute ragioni che determinano  la  totale   o  parziale  inattuabilita' del  piano,  la convenienza di modificarlo ed i giusti termini della modifica”. T.A.R. Umbria 20 giugno 1995, n. 194

 

5)                       VIOLAZIONE DELLE NORME SUL GIUSTO PROCEDIMENTO– ECCESSO DI POTERE ESPLICANTESI NELLE SEGUENTI FIGURE: INCONGRUENZA TRA PRESUPPOSTI E CONCLUSIONI – DEVIAZIONE DELLA FUNZIONE AMMINISTRATIVA

Mettendo a confronto il 1° progetto inoltrato dalla SOUTHERN ENERGY recepito dalla delibera di Giunta Regionale n° 449 del 12.04.01, facente parte integrante dell’accordo di programma sottoscritto il 10.05.2001 e il 2° progetto esecutivo inoltrato al comune dalla MIRANT il 20.06.2002 si rilevano i seguenti dati:

                                                          

                                                        1° progetto           2° progetto

                                                                                                                 

superficie interessata dall’impianto     mq 123216            123216

superficie coperta dai fabbricati           mq 44583               46602

volume dei fabbricati                            mc 82740               86422

volume degli impianti a cielo aperto     mc   2192             168648(*)

vol. complessivo dei fabbr. ed imp.      mc 84932             255070(*)

indice di fabbricabilità territoriale    mc/mq   0.69                  2.07(*)

indice di fabbricabilità fondiaria       mc/mq  1,91                  5,47(*)

numero addetti                                                50         da16 a 34(*)

Pertanto, i parametri basilari(*) approvati dalla regione e posti a base dell’accordo di programma come condizione essenziale (volume complessivo ed indici di fabbricabilità), sono triplicati, mentre il numero degli addetti è stato dimezzato, tutto ciò porta ad uno stravolgimento peggiorativo dei parametri degli indici urbanistici ed edilizi, nonché del numero degli addetti sui quali è stato basato l’accordo di programma. Quindi, il provvedimento autorizzatorio finale risulta viziato per un’evidente incongruenza tra presupposti (contenuti nell’accordo di programma rifacentesi al 1° progetto) e conclusioni (contenute nel provvedimento ministeriale impugnato rifacentesi al 2° progetto esecutivo). In proposito vedasi inoltre la sentenza del Consiglio Stato sez. IV, 18 settembre 1997, n. 1000 già richiamata a pag. 19la quale prevede espressamente che nelle ipotesi di varanti essenziali nei progetti esecutivi, questi debbano essere sottoposti nuovamente a pronuncia di compatibilità ambientale.

 

6)                       VIOLAZIONE ART. 1 LRP. 19.12.94/34 COME MODIFICATA E INTEGRATA DALLA L.R.P. 28.01.98 N.8 E DELL’ATTO DI DIRETTIVA APPROVATO DALLA G.R.P. CON DELIBERA 1284 DEL 10.10.00 - ECCESSO DI POTERE.

La normativa regionale indicata in epigrafe del motivo prevede  che attraverso un accordo di programma tra il comune e la regione, sia possibile realizzare interventi produttivi, pur in deroga alle previsioni  della strumentazione urbanistica.

La legge regionale, tuttavia, prevede delle condizioni di ammissibilità perchè possa procedersi all’accordo di programma e in particolare, è consentito nel caso in cui “lo strumento urbanistico vigente non dispone di “aree idonee e sufficienti”.

Nel caso di specie , la centrale termoelettrica, viene localizzata in zona che il PRG vigente destina a verde agricolo e , quindi, il comune ha dato impulso all’accordo di programma  per la deroga al piano regolatore, culminato nella delibera G.R.P. del  10.05.01 ratificato dal consiglio comunale di San Severo con delibera n 32 del 05.06.01.

Presupposto essenziale per l’individuazione del sito che non preveda destinazione produttiva nello strumento urbanistico e che “non vi siano aree idonee e sufficienti”.

Nel comune di San Severo vi sono aree sufficienti con la medesima destinazione e sono quelle della zona P.I.P .

L’atto di direttiva volto ad interpretare le leggi regionali n.34/94 e 8/98, approvato con delibera di G.R.P. n. 1284 del 10.10.00, stabilisce che la “idoneità corrisponde evidentemente alla destinazione urbanistica (ed alle norme di attuazione a questa connesse) ed alla non sussistenza di condizioni ostative riferite a vincoli di immodificabilità derivanti da leggi regionali(56/80, 30/90). Di conseguenza le aree non sono idonee se manchi la destinazione urbanistica compatibile con l’intervento programmato e se esistano vincoli urbanistici ostativi. Nel caso di specie, in violazione della L.R. n.34/94, come modificata dalla L. n.8/98, e delle direttive approvate con la delibera di G.R. 1284/00 il Consiglio Comunale di San Severo nella delibera di ratifica dell’accordo di programma modificativo del PRG ritiene ammissibile il predetto accordo in quanto “ lo strumento urbanistico generale vigente nel comune di San Severo non possiede aree giuridicamente efficaci ovvero aree che esplicano la loro immediata operatività (anche se specificamente destinate ad insediamenti produttivi), nei termini di decadenza del P.I.P. 2° intervento per decorrenza del vincolo decennale, assenza del P.P.A. operativo e non inclusione delle opere di urbanizzazione del P.I.P. nel programma triennale  delle opere pubbliche ; di conseguenza l’intervento rientra nelle fattispecie per le quali è possibile, ai sensi delle L.R. n° 4/94 e n° 8/1998 richiedere al presidente della giunta regionale la sottoscrizione di un accordo di programma”.

Tali argomenti esposti dal Consiglio Comunale di San Severo nella ratifica dell’accordo di programma del 15.05.01 e riprodotti nelle controdeduzioni della MIRANT del 2.10.01, autorizzanti la sottoscrizione dell’accordo di programma non integrano le condizioni di ammissibilità stabilite dalla legge regionale n° 34/94 , n° 8/98 e della direttiva interpretativa, perché non dimostrano che le aree P.I.P.(pure disponibili) siano inidonee dal punto di vista dei vincoli, nel senso che ve ne esistano ostativi.

In effetti nella fattispecie l’accordo di programma per la centrale è stato varato sul presupposto che il P.I.P localizzato lungo la via Foggia ed approvato con Dpgr del 24.06.77 non abbia aree giuridicamente efficaci essendo il medesimo P.I.P decaduto per decorrenza di validità decennale. A tale proposito va rimarcato, tuttavia, che nonostante la decorrenza del termine decennale di validità il summenzionato P.I.P continua ad esplicare la sua efficacia come piano attuativo comunale destinato agli insediamenti produttivi. Tale interpretazione ha trovato puntuale riscontro nella sentenza del TAR Puglia I sezione n. 4311/2000 (Centro Ingrosso contro comune di San Severo) la quale ha stabilito che alla scadenza del termine decennale il P.I.P ha perso solo il potere espropriativo mentre continua a d esser efficacie come piano attuativo comunale destinato ai summenzionati insediamenti produttivi. Inoltre, occorre rimarcare che poiché il P.I.P di San Severo è esteso circa 140 ettari ed è stato attuato per circa ¼ esso aveva ed ha sufficiente capacità per l’insediamento di una eventuale centrale a turbogas delle caratteristiche di cui al progetto della MIRANT. Sempre a tale proposito va rimarcato che il sito prescelto per la centrale cade in linea d’aria a circa 1 KM e 1/2 dall’ASI di via Foggia, e ciò ad ulteriore conferma di quanto eccepito.

Pertanto, alla luce di tali osservazioni, non sussistono i presupposti per l’esercizio del potere di deroga stabilito dalla L.R. 34/94 e successive modifiche e dalla direttiva, che riguardano il potere di eseguire interventi non conformi agli strumenti urbanistici.

Pertanto, il procedimento volto a derogare al piano è stato adottato sulla base di errati presupposti ed è illegittimo.

 

 

7)                       CONTRADDITTORIETA’ PROVVEDIMENTALE DELLA   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PROCEDENTE.

Con riferimento ai principi e ai criteri che hanno guidato l’azione della pubblica amministrazione in ordine a tutto il procedimento che ha portato alla emanazione del provvedimenti finale impugnato - e ciò soprattutto con riferimento alla localizzazione del sito de quo in ambito regionale e provinciale - va eccepita la palese contraddittorietà dei provvedimenti adottati dalla regione Puglia,  dai ministeri interessati e dal Comune di San Severo, rispetto a quanto stupito dai medesimi enti nell’“ACCORDO TRA GOVERNO, REGIONI, PROVINCE, COMUNI E COMUNITÀ MONTANE PER L’ESERCIZIO DEI COMPITI E DELLE FUNZIONI DI RISPETTIVA COMPETENZA IN MATERIA DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA ( In Gazzetta Ufficiale nr.220 del 19-9-2002)”; accordo  intervenuto in seguito a conferenza unificata Stato-Regioni e Stato-Citta ed autonomie locali. In questo Accordo (che si produce) si sanciscono i criteri generali di valutazione dei progetti di costruzione ed esercizio di impianti di energia elettrica nonché i compiti e le funzioni amministrative nel settore della produzione dell’energia elettrica: il tutto nei termini di cui all’Allegato sub A, parte integrante dell’Accordo.

Nel cennato allegato A, in ordine ai criteri di valutazione “da utilizzare al fine di verificare la maggiore o minore rispondenza delle richieste di autorizzazione di centrali termoelettriche alle esigenze di sviluppo omogeneo e compatibile del sistema elettrico nazionale”, si legge che “ la quantità di energia prodotta e le conseguenti eventuali emissioni inquinanti sono proporzionali al fabbisogno del sistema sociale e produttivo e non alla capacità produttiva degli impianti disponibili”; ed ancora che “ in  particolare nelle aree e nelle regioni deficitarie, ossia dove la produzione interna è inferiore al fabbisogno…la forte spinta agli investimenti nel settore  può essere valorizzata ..per colmare gli squilibri e le criticità ..per rafforzare e ottimizzare la dotazione delle regioni…”; ed infine si evidenzia che tra i criteri generali da utilizzare vi è “ la coerenza con le esigenze di fabbisogno energetico e dello sviluppo produttivo della Regione ..”.

Orbene, come riportato anche nell’articolo di Domenico Paliotti a pag.7 della Gazzetta del Mezzogiorno del 18-2-2003, la Puglia, in base agli ultimi dati disponibili relativi alla produzione energetica del 2000, e che  provengono dal Gestore della rete di trasmissione nazionale  (una spa del ministero dell'Economia) ha prodotto un surplus di energia, rispetto alla richiesta, di 6.632,6 GWh (un GWh equivale ad un milione di kWh). E cioè 23.510,5 GWh contro 16.887,9 GWh. Il 39,3 per cento in più. Anche nel '99, inoltre, c'è stato un eccesso del 29,6 per cento - pari a 4.827 GWh - rispetto alla richiesta.

Appare “plateale” che la Puglia non rientra in alcuno dei parametri fissati per realizzare nuovi impianti dall’accordo citato del 5 settembre 2002 tra Governo,Regioni,Province,Comuni e Comunità montane: la Puglia, stante un surplus di circa il 40% di produzione energetica rispetto ai consumi, non ha alcuna necessità di nuovi impianti e in particolare di immettere milioni di tonnellate di inquinanti in un territorio che vede vere emergenze,quali l’acqua,la desertificazione,l’inquinamento di Manfredonia in fase di bonifica,i danni connessi agli eventi sismici del 31-10-2002 etc..

8)                       VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI - ECCESSO DI POTERE ESPLICANTESI NELLE SEGUENTI FIGURE SINTOMATICHE: OMESSA E/O ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI - TRAVISAMENTO - CARENZA ISTRUTTORIA - ILLOGICITA' MANIFESTA

Premesso che il provvedimento finale autorizzativo che si impugna doveva essere adottato e sottoscritto dal Ministro dell’Industria così come espressamente prevede l’art.8, comma 5, della L. 340/2000, e non dal Direttore Generale che è mero organo tecnico - situazione che già di per sé inficia l’intero provvedimento – e che nella comunicazione del medesimo alla Provincia con nota n.221474 del Ministero mancano tutti i documenti che si assumono allegati al medesimo, ed in ordine ai quali si formula ogni espressa riserva, il procedimento che ha condotto all’autorizzazione all’installazione della centrale termoelettrica presenta forti anomalie in quanto il parere finale della conferenza di servizio è stato emesso non già in presenza di indagini, accertamenti e pareri conclusivi ed esaustivi, da parte delle autorità preposte, bensì in presenza di pareri condizionati ed interlocutori forniti sulla base dei dati esibiti dalla Mirant.

Infatti, gran parte delle autorità competenti nell’esprimere il proprio parere hanno dettato proprie prescrizioni, a volte essenziali che dovranno essere verificate prima dell’inizio dei lavori (accertamenti di natura geologica, idrogeologica ed archeologica). Pertanto, si verifica una situazione di illogicità e carenza istruttoria in quanto valutazioni tecniche che dovevano essere acquisite preventivamente per una corretta valutazione della insediabilità del sito industriale verranno acquisite solo successivamente a consenso ormai manifestato, fattore questo che non consente una ponderazione dell’effettivo impatto e delle conseguenze dell’opera. Inoltre, non è chiaro a chi spetteranno i controlli sia nella fase di realizzazione dell’impianto che durante l’esercizio dell’impianto stesso, e quali saranno le conseguenze per la MIRANT in caso di parziale o totale inosservanza delle condizioni essenziali dell’accordo di programma e delle prescrizioni essenziali poste dalle predette autorità e richiamate nel decreto impugnato.

Infine, vi è da aggiungere come appare anomalo il fatto che nessuna delle autorità esprimenti pareri e valutazioni subordinate a prescrizione, abbia sentito la necessità dopo gli attuali eventi sismici di sottoporre a riesame il progetto della Mirant, al fine di verificare l’opportunità di dettare prescrizioni più restrittive per la realizzazione di un impianto di tal genere in una zona ad alto rischio sismico a tutela dell’incolumità pubblica e privata e della salute pubblica. Per la sua potenziale pericolosità in caso di evento sismico l’intero impianto insieme a tutte le strutture dovrebbe essere sottoposto alle prescrizioni delle zone sismiche di prima categoria.

Infine, e sempre in ordine alla legittimità del procedimento che ha portato alla adozione del provvedimento ministeriale autorizzativa de quo, va rimarcato in primo luogo che anche ove si volesse considerare legittima la procedura ex L. 55/2002 utilizzata dalla Mirant - situazione che invece si è oltremodo confutato – se ne dovrebbero trarre tutte le ulteriori conseguenze, e in primo luogo l’assoluta inefficacia ed inutilizzabilità di tutti gli atti precedenti la attivazione della nuova procedura ai sensi della summenzionata normativa. Non potendosi consentire alla Mirant di utilizzare una sorta di ibrido normativo utilizzando allo stesso tempo tanto la attuale normativa sospesa quanto la normativa che la sospende.

In secondo luogo non è senza rilievo sottolineare la repentina adozione del decreto del Ministero dell’Ambiente del 04/11/2002, in palese inosservanza del termine di trenta giorni per osservazioni previsto dalla nota di trasmissione n.218985 del 11/11/2002 del Ministero delle Attività Produttive con cui si inviava il verbale della Conferenza di Servizi del 31/10/2002.

 

9)                       VIOLAZIONE DELL’ART. 7 com. 3, 6,  ALL. IV DEL DPCM 27-12-98

Tra le numerose irregolarità procedurali di cui è affetta la procedura de quo va rilevato  il mancato rispetto dei termini decadenziali previsti dal comma 3 dell’art. 7 all. IV DPCM 27/12/1988 il quale prevede  espressamente che” chiunque vi abbia interesse può fornire nel termine di 45 giorni a pena di decadenza, dalla pubblicazione di cui all’art. 4 comma 6 contributi di valutazione sul piano scientifico e tecnico attraverso la presentazione di memorie scritte strettamente inerenti l’installazione della centrale sul sito proposto e le sue conseguenze sul piano ambientale”. Sorprendentemente alla MIRANT ITALIA s.r.l è stato consentito di presentare delle controdeduzioni alle memorie presentate entro il termine del 30.07.01 dai “democratici di sinistra e dal “Coordinamento contro la centrale termoelettrica”,  in data 2.10.01, giusta nota nr. 3/R/01 del 12.10.01 del Segretario Generale  del Comune Di San Severo, ovvero oltre i 90 giorni dalla pubblicazione  avvenuta il 15.06.01. Pertanto, risulta viziata l’intera procedura che non ha rispettato il termine decadenziale di 90 giorni per la chiusura dell’inchiesta come per legge favorendo inspiegabilmente la DITTA Mirant, dando pubblicità peraltro del deposito solo attraverso un manifesto affisso  in San Severo e con ritardo rispetto a quanto lo stesso recita, cioè non in coerenza con la natura della inchiesta pubblica che deve necessariamente utilizzare gli stessi canali previsti per norma per aprire la inchiesta pubblica, ovvero quotidiani a diffusione nazionale, in tal modo non assicurando la informazione  e l’espletamento di funzioni cui sono titolari i cittadini e le associazioni, in ordine alle tappe successive dell’inchiesta pubblica.

 

10)                   VIOLAZIONE DELL’ART. 75 DELLA COSTITUZIONE, ART. 72 STATUTO REGIONE PUGLIA - VIOLAZIONE DEL D.L.VO. 17.08.99 N. 334 ART 23 E DEL D.L.VO 18.08.2000 N.267 ART. 8 C.1-2-3 - ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO ED ELUSIONE DELLA VOLONTÀ DEMOCRATICA.

A San Severo 2 comitati promotori, legalmente costituiti hanno attivato le procedure per un referendum consultivo sulla questione energetica a cui non è mai stato dato positivo riscontro dall’amministrazione comunale di San Severo.

È principio fondamentale degli ordinamenti democratici che la sovranità appartiene al popolo il quale elegge i propri rappresentanti alle camere per l’esercizio del potere legislativo, ma sono disciplinati istituti di democrazia diretta, quali i referendum, attraverso i quali i cittadini esprimono il loro pensiero in merito a determinate questioni. Il referendum è previsto nella costituzione della Repubblica Italiana(art. 75), nello statuto della regione Puglia(art. 72), nel T.U. degli enti locali (art. 8) ed il rilievo dato all’istituto testimonia dell’importanza che va necessariamente riconosciuta alla manifestazione primigenia e genuina della volontà popolare. Ebbene non è consentito a nessun soggetto dell’ordinamento fin quando la democrazia rappresenti la regola prima del sistema prendersi beffa della manifestazione popolare che si svolge attraverso il referendum. Nonostante questi principi che dovrebbero costituire i bastioni dell’ordinamento le amministrazioni resistenti hanno ignorato del tutto l’importanza di quest’istituto svilendone portata e significato e, sopprimendo di conseguenza, l’unica possibilità per le popolazioni interessate dal progetto in questione di esprimere il loro legittimo parere.

 

11)                   VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE, CON RIFERIMENTO ALL’ART 2 DPR 383/94, ALL’ ART.14 L. 241/90 E ALL’ART. 27 L. 142/90 – DALL’ART.16 L.R. 11/01

Nella sintesi del progetto di impianto a ciclocombinato a cui si riferiscono le opere dell’elettrodotto e del gasdotto si dice laconicamente a pag. 9  che sono stati analizzati i PRG dei comuni di Torremaggiore, Lucera e Pietramontecorvino che vengono attraversati dal gasdotto, mentre non risulta che gli stessi siano stati coinvolti se non marginalmente nella procedura autorizzatoria de qua, come obbligatorio per legge, né che si sia provveduto nelle forme dovute a interessare specificamente i soggetti confinanti e proprietari dei siti di attraversamento dell’elettrodotto e del gasdotto. Ai sensi della l.241/90 art. 14 (conferenza di Servizio) e L. 142/90 art. 27 (accordi di Programma) e altra normativa connessa, essendo il progetto in questione a rilevanza non meramente locale, si imponeva la attivazione di procedure, che coinvolgessero tutti i soggetti istituzionali e sociali. L’art. 27 della l.241/90 al c. 3 impone, peraltro, al Presidente della Regione o al Presidente della Provincia o al Sindaco la convocazione di una conferenza di rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate, per verificare la possibilità di concordare l’accordo di programma. Tutto ciò è stato disatteso sia dal sindaco del comune di San Severo, che dalla regione Puglia.

Basti pensare (pag. 23 del progetto di massima della centrale) al punto “collegamento alla rete Gas descrizione  del tracciato “ ove si legge: il tracciato interesserà i comuni di Lucera, Pietra Montecorvino, Torremaggiore e San Severo; ora non risulta essere stata attivata alcuna consultazione, né essere stata attivata  la procedura ex art. 2 DPR 383/94 il quale prevede che per le opere pubbliche di interesse statale, l’accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizie è fatta dallo Stato di intesa con la Regione interessata.

Tale ultima procedura è stata inspiegabilmente attivata dalla regione Puglia solo nel caso della centrale termoelettrica di Candela in cui la Giunta Regionale ha rilasciato tramite la delibera n.2225 del 23.12.02 (vedasi allegato) formale assenso ai fini dell’intesa Stato Regioni ex art. 81 dpr.616/97 e successive modifiche ed integrazioni e del DPR. 383/94. Non si comprende, pertanto, questa palese disparità di trattamento perseguita nel caso del comune di Candela.

Se un elettrodotto è considerato opera di interesse Statale anche per la centrale da realizzare nel comune di San Severo si sarebbe dovuto seguire lo stesso iter procedurale. Analoghe considerazioni sono da estendersi al gasdotto. In merito al gasdotto, occorre evidenziare, inoltre, che la Mirant ha ritenuto di aver acquisito l’approvazione per la realizzazione dell’opera in virtù della figura del silenzio assenso ex art. 20 L. 241/90 (vedasi pag. 2 del verbale della conferenza di Servizio del 24.06.02). Tale articolo rinvia al DPR 300/92 per individuare l’elenco dei casi a cui è possibile estendere la disciplina del silenzio assenso, casi in cui non rientra certamente l’autorizzazione alla realizzazione di un gasdotto, né comunque appare specificato a quale Ente risulterebbe inoltrata la presunta istanza autorizzativa. Fatte queste ulteriori precisazioni, il problema del consenso degli enti interessati dall’opera va esaminato anche alla luce dell’art. 3 della L. 9.04.02 n. 55 che prevede espressamente che” per il rilascio dell’autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere di cui al comma 1” .

Tale parere non essendo mai stato acquisito dai comuni interessati (territorialmente competenti e non) dalle opere connesse (gasdotto ed elettrodotto) ha prodotto una  palese violazione di legge in cui sono incorse le amministrazioni favorevoli al progetto della centrale a turbo gas.

Occorre considerare, inoltre, anche la pronuncia del Tar Veneto 248 del 31.01.2001 che proprio in relazione della procedura ex DPR 53/1998, ha affermato che :” i comuni interessati chiamati ad intervenire nella procedura di autorizzazione alla emissione in atmosfera degli impianti di produzione di energia elettrica ai sensi dell’art. 2  del DPR 11/27/1998 n. 53 sono tutti quelli il cui territorio potrebbe, almeno potenzialmente, essere raggiunto dalle emissioni provenienti dalla centrale”.

È, evidente, anche alla luce del sentenza citata come sia fondamentale coinvolgere nella procedura autorizzatoria anche ai sensi della legge 241/90 non solo i comuni territorialmente competenti, ma anche quelli limitrofi che comunque potrebbero essere raggiunti da emissioni inquinanti.

Peraltro occorre aggiungere, che per il comune di torremaggiore inizialmente interessato dall’attraversamento del gasdotto (vedi comunicazione Mirant Italia Srl del 18.02.02) e, a seguito di variante del progetto iniziale, estromesso dal tracciato stesso(vedasi pag. 2 del resoconto verbale della conferenza di servizio del 24.06.02), ai sensi dell’art 16 LRP 11/2001, la Mirant avrebbe dovuto provvedere a ridepositare il nuovo e diverso progetto presso i comuni territorialmente competenti. Questo deposito non è mai avvenuto e ciò a sottolineare ancora una volta le gravi irregolarità procedurali di cui si è avvalsa la ditta Mirant per ottenere il provvedimento autorizzatorio. 

 

12)                   VIOLAZIONE DEL D.L.VO 267/2000 ART. 19

L’art. 19 del d.l.vo 267/2000 assegna alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nel settore della difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità , tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche, organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento , disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle immissioni atmosferiche e sonore(art. 19 c.1 lett. A, b, g).

Non si può, quindi, non fare riferimento, relativamente al progetto in questione e alla co-presenza di altri analoghi nelle provincia di Foggia, alla cennata previsione normativa  del decreto legislativo 267/2000: e ciò a maggior ragione ove si consideri l’emergenza acqua e il processo di industrializzazione in atto, diffuso sul territorio provinciale. Inoltre, i compiti di programmazione assegnati alla provincia vanno svolti, ai sensi dell’art. 20 del  d.l.vo 267/2000, a mezzo anche di apposito piano territoriale di coordinamento (art. 20 c.2).

Ebbene, al rispetto di tale competenza, procedura e modalità programmatoria dovevasi conformare anche la regione Puglia. Quest’ultima, purtroppo, nel caso di specie, non solo si è resa del tutto omissiva al proposito, ma ha anzi adottato  la delibera relativa all“accordo di programma per la realizzazione di una centrale a ciclo combinato 1*400 MW per la produzione di energia elettrica nel comune di San Severo “ in palese contrasto e dispregio di quanto richiamato nello stesso decreto l.vo 267/200 e nel d.l.vo 334/99: infatti, l’accordo di programma citato, ratificato dal Consiglio Comunale di San Severo in data 5.06.01, non poteva avere come parti solo la Regione Puglia e il comune di San Severo, ma doveva avere la presenza quale parte necessaria e legittima della Provincia di Foggia. E ciò proprio sulla base dell’espresso dato normativo degli artt. 19 e 20 del d.l.vo 267/2000. La provincia e gli altri comuni, almeno quelli limitrofi, stante le caratteristiche del progetto e le sue implicazioni sull’ambiente, sulla risorsa idrica etc., dovevano essere coinvolti in tutte le fasi dei procedimenti che hanno riguardato l’emanazione del provvedimento finale impugnato, quanto meno al fine di acquisire dalla provincia il necessario Piano Territoriale di coordinamento (art. 20 c.2) e quant’altro indispensabile ad evitare un ulteriore peggioramento delle condizioni ambientali/climatiche  (intese in senso ampio e generale) in cui versa la capitanata.

 

13)                   VIOLAZIONE P.U.T.T – PAESAGGIO PUBBLICATO NEL BURP. N.6 dell.11.01.01, artt. 2.01,2.02, 5.03 e 5.04

Nel parere di pronuncia di compatibilità ambientale emesso dall’assessorato all’ambiente regione Puglia si afferma che la variante urbanistica apportata con l’accordo di programma stipulato tra regione Puglia e comune di San Severo, ricadendo l’area in ambito normale “E” del PUTT approvato con delibera 1748/2000, non sarebbe soggetta al relativo parere paesaggistico.

Premesso che tale variante indubbiamente costituisce un’opera di rilevante trasformazione territoriale, e pur volendo assumere, altresì, sia che un’opera di tal fatta non necessita del rilascio dell’ attestazione di compatibilità paesaggistica di cui all’art. 5.04 delle NTA del P.U.T.T., e ciò in relazioni alle disposizioni dell’art. 4.01 che esentano dalla suddetta attestazione le opere assoggettate a valutazione d’impatto ambientale come avvenuta nel caso di specie, sia che conseguentemente, per le stesse opere, anche il   parere paesaggistico ex art. 5.03 delle NTA del P.U.T.T - paesaggio deve intendersi ricompreso nella valutazione d’impatto ambientale, non può olbliterarsi l’espresso disposto dell’art. 5.04 che all’ultimo coma espressamente stabilisce: “sono esenti dall’attestazione di compatibilità paesaggistica gli interventi di rilevante trasformazione che risultino approvati/ autorizzati alla data di entrata in vigore del piano”.

Di fronte alla previsione chiara ed inequivoca di tale ultimo comma dell’art. 5.04 delle NTA del P.U.T.T. – paesaggio, non si può affermare che l’art. 4.01, che definisce intervento di rilevante trasformazione le opere derivanti dalla infrastrutturazione del territorio, esenti dall’attestazione di compatibilità paesaggistica la centrale termoelettrica di cui si discute e le sue opere connesse, visto che alla data di entrata in vigore del P.U.T.T. – paesaggio (pubblicato nel BURP n.6 del 11/01/2001), non era ancora stata approvata/autorizzata. Ne conseguono tutte le illegittimità del caso per l’assenza dell’attestazione di compatibilità paesaggistica.

 

14)                   VIOLAZIONE DEL PROTOCOLO DI KYOTO; DELL’OBBLIGO DELLA VAS; DELL’AGENDA 21

Altra palese violazione di cui è affetto il procedimento consegue  all’errata affermazione che l’iniziativa della centrale di San Severo è tesa al rispetto degli accordi internazionali sottoscritti a Kyoto, recepiti nel nostro ordinamento e poi confluiti nelle linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra , approvate con deliberazione C.I.P.E. del 19.11.98.

Infatti, scopo di quegli accordi, come risulta chiaramente dalla delibera C.I.P.E. del 19.11.98, è la riduzione delle emissioni delle attuali fonti di produzione di energia, con incentivi, e la costruzione di centrali meno inquinanti che riducano la quantità di CO2 liberata nell’atmosfera. Nella caso di specie, invece, si realizza una centrale con emissioni inferiori di CO2, ma non si elimina alcuna preesistente fonte di energia inquinante, con la conseguenza che nell’assunto rispetto agli accordi internazionali, in effetti, si aumenta la quantità di CO2 nell’atmosfera, incrementando il cd effetto serra (sviamento). Infatti, la centrale di San Severo , come le altre centrali proposte nella provincia di Foggia, nella regione Puglia e nelle altre parti di Italia, costituiscono un impatto aggiuntivo e non sostitutivo. Pertanto, anche nel caso della centrale de qua, il relativo l’impianto e le relative emissioni, sono aggiuntivi rispetto a quelli esistenti e costituiscono una ulteriore fonte di incremento delle emissioni di gas serra e degli altri inquinanti direttamente connessi con la combustione di un combustibile fossile come il metano, e non una diminuzione, tanto più ove si consideri che non risultano iniziative di chiusura degli impianti attivi nella regione Puglia.

Non ha alcun pregio, quindi,  la dichiarazione della Mirant che “la realizzazione di centrali termoelettriche a ciclo combinato è uno dei principali strumenti da adottare per la riduzione delle emissioni di gas serra”, e ne consegue che anche questo presupposto è errato per violazione della normativa richiamata in epigrafe del motivo.

È da evidenziare inoltre un’altra palese omissione di ordine programmatico regionale e non solo, circa la mancata definizione della V.A.S (valutazione ambientale strategica), tenuto conto della valenza del progetto in questione e della regolamentazione vigente sui fondi strutturali ovvero sugli investimenti e sull’esigenza di definire strategie settoriali e territoriali capaci di promuovere uno sviluppo realmente sostenibile.

Al proposito si rinvia all’allegato n. 12 ”linee guida per la VAS” fondi strutturali 2000-2006- supplemento al mensile del Ministero dell’ambiente-l’ambiente informa nr. 9-1999. L’obbligo della VAS, ovvero di una valutazione ambientale strategica, oltre alla V.I.A., si impone, nel quadro degli obblighi comunitari e nazionali, in quanto tutte le problematiche inerenti l’impianto progettato per San Severo e le relative  opere connesse vanno studiate e valutate tenuto conto di tutti gli altri insediamenti similari previsti in Capitanata ed in Puglia, e non con riferimento al solo territorio di San Severo: vanno prese in considerazione tutte le problematiche di impatto derivanti dalla compresenza , ora progettuale , indi di fatto, di centrali termoelettriche a Serracapriola, a Rignano Garganico, a Candela , per citarne alcune, tutte nel territorio della provincia di foggia. In particolar modo vanno segnalate la problematiche - con riguardo all’associato riferito processo di industrializzazione -  della carenza idrica, vera e propria calamità sotto gli occhi di tutti; del  processo di desertificazione, con le conseguenze sull’agricoltura e su altre risorse economiche produttive del territorio; della  qualità dell’aria, del suolo, del sottosuolo.., stante la co-presenza di diversi ed interagenti fattori di inquinamento.

Infine, occorre sottolineare che il comune di San Severo ha aderito ad Agenda 21, vale a dire a quel protocollo per il 21° secolo che impegna al rispetto di precise direttive di tutela ambientale, scaturite dalla conferenza mondiale tenutasi a RIO de Janeiro nel ‘92. Tale Agenda impegna i Paesi aderenti e quindi le comunità locali (carta di Aalborg) ad attuare misure concrete per ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorare l’efficienza ed il risparmio energetico, tutelare le risorse naturali a cominciare dall’acqua, attuare misure per contenere il traffico automobilistico nelle Città,  incentivare produzioni rispettose delle risorse naturali e che non producano degrado ambientale (sviluppo sostenibile o modello compatibile). Per i fini che ci riguardano ci limiteremo ad accennare ai punti del summenzionato protocollo che riguardano : a) l’agricoltura in rapporto alle variazioni climatiche; b) la produzione di energia. Diversi capitoli dell’Agenda sono dedicati all’agricoltura ed alle condizioni climatiche: cap. 9 “Protezione dell’atmosfera” ;cap. 12 “Lotta alla desertificazione ed alla siccità”; cap. 14 “Promozione dello sviluppo agricolo e rurale durevole”; cap. 18 “Protezione delle risorse di acqua dolce e delle loro qualità”. Inoltre, molti punti del protocollo insistono sul rafforzamento delle conoscenze, delle informazioni, delle osservazioni sistematiche delle zone soggette a siccità e desertificazione (come la nostra), per attuare strategie volte all’assistenza ed alla prevenzione delle zone a rischio.In sostanza si raccomanda di indirizzare l’agricoltura, sulla base dei dati raccolti, verso una diversificazione delle colture meno dispendiose d’acqua, che necessitano di minori trattamenti chimici, verso la produzione di prodotti tipici (biodiversità) puntando sulla qualità e quindi sull’agricoltura integrata, biologica, biodinamica, utilizzando tecniche tese al recupero delle acque. La grave e perdurante crisi idrica che la nostra realtà sta vivendo pone in primo piano il problema dell’acqua. Nonostante i molti miliardi spesi per il risanamento del golfo di Manfredonia, dove arrivano quasi tutte le acque reflue della Capitanata, del Subappennino e del Gargano, i nostri depuratori non sono mai stati in grado di immettere nei vari canali e torrenti del territorio acque reflue utilizzabili per uso irriguo. Ancora meno è stato fatto per utilizzare tutte le risorse disponibili sia sul nostro territorio che su quelli limitrofi (Molise, Campania).

Infatti, è da anni che si parla di utilizzare le risorse idriche della diga del Liscione in Molise o di mettere in funzione la diga di Campolattaro in Campania. Quest’ultima potrebbe essere anche utilizzata come risorsa idroelettrica in quanto rispetto alla diga d’Occhito si trova ad una quota superiore di mt. 300 ed ad una distanza di soli 22 Km., oltretutto con costi relativamente alti. Riguardo alla produzione di energia, in Italia vengono utilizzati quasi esclusivamente sistemi convenzionali alimentati con fossili (carbone), oli combustibili, gas, ecc., mentre poco si fa per promuovere forme di produzione ed uso dell’energia rispettose della salute e dell’ambiente, migliorando la qualità ambientale a livello locale e globale e favorendo l’occupazione. Un modo per produrre energia rispettando i concetti di Agenda 21 e dello sviluppo sostenibile è di utilizzare le tecnologie che sfruttano le fonti rinnovabili : il fotovoltaico e l'eolico.

Attualmente la Regione Puglia sta realizzando il Piano energetico Regionale. È indispensabile che la stesura di detto piano tenga conto della reale necessità di energia della nostra Regione e soprattutto che privilegi le fonti rinnovabili e la riconversione degli impianti di produzione di energia che attualmente utilizzano fonti molto inquinanti (Cerano-Brindisi). Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti che le scelte che si stanno attualmente operando vanno in direzione opposta a quelle che sono le direttive dello sviluppo sostenibile e di Agenda 21, alla quale il Comune di San Severo ha aderito e per cui ha ricevuto i finanziamenti,. Su terreni agricoli situati in una zona ad alto sfruttamento agricolo e di allevamento si vuole realizzare  una megacentrale elettrica a turbogas. Tale realizzazione, come visto appena sopra, è in contrasto con il Piano Regolatore, costituisce  un fortissimo impatto ambientale e viene realizzata omettendo di fornire l’adeguata informazione che su tali questioni hanno diritto ad avere i cittadini (il capitolo 36 di Agenda 21 è interamente dedicato alla promozione dell’educazione, dell’informazione e della formazione e sensibilizzazione del pubblico).

Sembra, inoltre, che a pochi chilometri dal sito individuato per la costruzione della Centrale a Turbogas si voglia installare un inceneritore di rifiuti speciali. La realizzazione di tali impianti provocherebbe seri guasti sanitari, ambientali ed economici che costituirebbero un macigno condizionante pesantemente il tipo di sviluppo della capitanata.

 

ISTANZA DI SOSPENSIONE

Sul fumus boni juris

Gli elementi, in fatto e in diritto, esposti in ricorso ed in particolare le palesi violazioni procedimentali illustrate, lasciano emettere, con sufficiente tranquillita’, un favorevole giudizio prognostico sull’esito della causa di merito.

Sul periculum in mora.

Il danno, in casi del genere, e’ in re ipsa.

Per la capitanata e per il territorio di San Severo, l’installazione di una centrale termoelettrica determinerà sicuramente un degrado ambientale (consumo idrico, aumento di temperatura incidente su fauna, flora ed agricoltura in genere, emissioni nocive, inquinamento elettromagnetico - vedasi perizia allegata) giustificato da un presunto fabbisogno energetico in realtà inesistente.

Ciò rappresenta un nocumento grave e sicuramente irreparabile, vista anche la zona di installazione che è  interessata da numerosi progetti di centrali termiche , e che, come più volte sottolineato, non ha certo bisogno di energia elettrica per un corretto sviluppo! Va anche ricordato che la fase di cantierizzazione di un impianto termoelettrico determina un impatto indiscutibile, sia sociale sia in termini di uso del territorio, che la normativa in vigore aveva affrontato in modo accettabile, per gli enti locali e per la popolazione.

La illegittima sospensione di questa normativa attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza (legge c.d. sblocca centrali), rende di dubbia efficacia tutto l’iter autorizzativo prospettato nel decreto riportando indietro di decenni il rapporto stato, produttori, enti locali e cittadini.

Va rimarcato, inoltre, che quanto appena sopra trova preciso e puntuale riscontro (anche se tardivo) nelle stesse decisioni della regione Puglia che con delibera del 9.12.02 del Consiglio Regionale – considerato che la installazione di nuove centrali può mettere in discussione lo sviluppo ecocompatibile e l’equilibrio ambientale della Puglia e che la Giunta Regionale ha avviato le procedure per l’approvazione del piano energetico ambientale della Puglia – ha impegnato il Presidente e la giunta a sospendere tutti i pareri previsti dalle leggi in materia di costruzione di centrali elettriche a dopo l’approvazione del detto piano energetico; confermando così nei contenuti la delibera del 3.05.02 del Consiglio Provinciale di Foggia con la quale si è deliberato di procedere ad una moratoria generale della realizzazione delle centrali elettriche previste sul territorio di Capitanata.

Dall’insieme degli atti amministrativi richiamati nel fatto e dalle censure esposte nei precedenti 14 motivi , risulta l’illegittimità del comportamento complessivo delle amministrazioni che sono intervenute in questo procedimento, con violazione di norme relative al buon andamento ed all’imparzialità dell’azione amministrativa ed offese ai principi dello stato democratico e di diritto. Non  è possibile allo stato quantificare i danni che andranno a prodursi in conseguenza dell’installazione della centrale termoelettrica de qua e che si produrrebbero non solo a carico dei proprietari limitrofi e/o confinanti ma anche in relazione a  tutta la popolazione del territorio interessato per tutti i diversi profili indicati nell’ epigrafe del ricorso: e ciò per la evidente ragione che la medesima centrale non è ancora realizzata e funzionante. Tuttavia, sin d’ora, si chiede il risarcimento dei danni, da quantificarsi in corso di causa , nell’eventualità che si andasse a realizzare la centrale nel sito individuato.

P.T.M.

si conclude perche' l'On. Tribunale adito, in via preliminare ritenuta non manifestamente infondata e rilevante, sollevi la questione di illegittimità costituzionale per le ragioni esposte e, successivamente, disapplicata la L.05.04.02 n. 55 per gli evidenti contrasti con la normativa nazionale e comunitaria, voglia annullare, previa sospensione, il provvedimento impugnato .

In via cautelare, si chiede in primis il beneficio della misura cautelare sotto forma di immediata sospensione del provvedimento impugnato e, conseguenzialmente, l’adozione di tutti i provvedimenti, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso.

I sottoscritti difensori chiedono di essere sentiti nella Camera di Consiglio che sarà fissata per l’esame dell’istanza di sospensione.

In via istruttoria si chiede all’Ecc.mo Sig Presidente, in mancanza, al Collegio, di ordinare all’amministrazione resistente l’esibizione di tutti i  documenti attinenti al provvedimento impugnato, con salvezza, all’esito della conoscenza degli stessi, di aggiungere o variare i motivi del presente ricorso.