La democrazia è a rischio?
Il clamore suscitato dalla pubblicazione de “La casta”, il libro dei giornalisti Stella e Rizzo, ha dato il via, in queste ultime settimane, ad una serie di avvenimenti mediatici di denuncia e di protesta che hanno coinvolto in maniera diretta e generalizzata la classe politica italiana. Non ultima la manifestazione del piuttosto serio anziché comico Beppe Grillo, il V Day.
Denunce legittime, certo non completamente condivisibili, ma che un sistema democratico “sano” può risolvere perché in grado di eliminare sul nascere le distorsioni e i privilegi “di casta” e di setta, prima ancora che incancreniscano con il rischio di rendere impresentabile l’intera classe politica, nei confronti di una altrettanto pericolosa e dilagante deriva qualunquista e populista.
Ma il problema è che questo sistema democratico invece è “malato” e non da oggi, delegittimato internamente dai patti clientelari vecchi e nuovi ed esternamente da una rete di interessi sempre più estesa, che continuano da anni a minare le fondamenta delle Istituzioni.
Le recenti indagini della magistratura sulle collusioni con mafia, camorra e ‘ndrangheta, di corruzione e tangenti nelle opere pubbliche, la delegittimazione del sistema giudiziario – ora anche la “piazza” vuole imporre qualcosa ai giudici, vedi p.e. il processo per la strage di Ascoli Piceno -, le accuse di frodi nelle elezioni, la minaccia di scioperi fiscali soprattutto da parte di chi già evade le tasse, le “sparate” eversive di chi minaccia addirittura la lotta armata per la secessione di una parte del paese, avrebbero richiesto una seria reazione indirizzata a difendere e rilanciare le Istituzioni democratiche.
Invece hanno prodotto quello che i media definiscono “antipolitica” ma che appare sempre più “antiparlamentare”.
La democrazia è una conquista e nello stesso tempo un esperimento di governo di una società. Si nutre di etica e vive di regole. E proprio per questo è un sistema faticoso, che non da respiro e che può fallire trasformandosi, magari in tempi brevi, nella gestazione di una grande e unica cultura dell’omologazione, più consona alla formazione del “cittadino consumatore” che del “cittadino sovrano”, secondo l’ottica del neoliberismo senza regole della predicazione berlusconiana.
Si pone quindi la necessità, anzi l’obbligo immediato, di ripensare e ritornare ad una formazione mirata ad educare alla legalità e al rispetto delle istituzioni, convinti che il primo passo compete all’ambito familiare, cioè la responsabilità educativa dei genitori verso i propri figli, proseguendo poi nella scuola e in ogni ambito sociale. Prima che sia troppo tardi.
Pierluigi Leoni
ACLI - Mantova