La stretta di mano è asciutta, la premessa pure: «Per me fare teatro non è un passatempo, ma la ragione di vita. La professione per cui sono conosciuto nell’ambiente mondiale». Di ritorno da Vienna e in partenza per Copenhagen, Carlo Pesta scioglie il suo “no comment” in uno sfogo composto e affilato sull’affaire Sociale. È risentito con il presidente del direttivo, Guido Benedini, che nei giorni scorsi aveva parlato della sua rinuncia alla gestione. «Illazioni che mi hanno danneggiato», ribatte Pesta. Che ora racconta la sua versione. «Se tutto questo fosse successo un anno fa, ci sarei rimasto male - comincia Pesta -, ma nel frattempo ho conosciuto le persone e forse me lo dovevo aspettare». Il rapporto con il direttivo si è sfilacciato fino alla rottura, adesso è mediato dagli avvocati. La Fondazione Arteatro onorerà il contratto di gestione del Sociale fino alla scadenza (31 dicembre 2011) e organizzerà l’annunciato Festival Rigoletto (dal 22 al 31 ottobre 2010). Ma secondo il racconto di Pesta, le cose sarebbero dovute andare diversamente. Il presidente della Fondazione Arteatro parte dall’inizio: «Ho un contratto di gestione del teatro e pago un affitto di 120mila euro all’anno, più le spese. C’è poi un accordo integrato dove si precisa una serie di cose sull’attività lirica che organizziamo per conto del Teatro Sociale». Tutto nero su bianco, o quasi: «Parallelamente alla firma, come succede sempre, abbiamo concluso degli accordi verbali che prevedevano delle evoluzioni. È soltanto per questo che ho accettato il contratto di affitto anche se “capestro”, perché carissimo per un teatro che non funziona». Confortato da «questa stretta di mano tra uomini di onore», Pesta si è accollato anche il servizio di tesoreria. Peccato che poi «questi accordi verbali siano stati rimangiati e ora non valgano più niente». Insomma, niente “evoluzioni”. Quali? «La titolarità della lirica doveva essere trasferita, in continuità storica, dal Sociale ad Arteatro e su questo abbiamo lavorato, incontrando anche il direttore generale del ministero, a Roma». Poi è arrivata la doccia gelata, il ripensamento del direttivo del Sociale. «Tra gli accordi verbali - continua Pesta - c’era anche la clausola che se le cose non fossero andate bene, avremmo risolto tutto quanto con un’altra stretta di mano. Ecco, sfumato il trasferimento della titolarità, eravamo proprio a questo punto, avevamo già fatto due riunioni per trovare una soluzione per andare avanti, tornando alla formula del 2007 e del 2008 quando organizzammo le stagioni liriche facendoci bastare quanto il Sociale decideva di stanziare». E invece no: «Si sono rimangiati anche questo, appellandosi a una clausola del contratto di gestione, secondo cui la disdetta va data un anno prima. Cosa succede a questo punto? Andiamo avanti secondo i rapporti scritti». Ma Pesta, impresario e uomo di teatro, se lo immaginava che Mantova fosse una piazza così difficile? «Credo che molti degli ostacoli siano negli uffici». - Igor Cipollina